Se dici ufficio oggi, dici Smart Workplace. O se preferite, ufficio 4.0. La sostanza non cambia: il luogo di lavoro è cambiato, ed è diventato il punto di incontro tra le tecnologie mobile, l’IoT, il Cloud e l’Intelligenza Artificiale (o di nuovo, se preferite, l’AI).

Per chi entra adesso nel mondo del lavoro, l’idea di Smart Workplace è come quella di web per i nativi digitali: c’è sempre stata. Ma per chi ha un’età matura, ed è da decenni impiegato in un ufficio, ripensare a quanto questo sia cambiato nel tempo provoca quasi un brivido.

L’ufficio, prima, era l’insieme di tre elementi: una macchina da scrivere, una scrivania, un telefono. A corredo c’erano armadi, schedari e tanta, tanta carta. Poi è arrivato il computer, di solito una torre piazzata sotto la scrivania, sulla quale invece troneggiava lo schermo. Tastiera e mouse sotto le mani, e intorno – accanto all’eterno telefono – fax e stampanti. E sempre tanta, tanta carta.

Internet ha ulteriormente cambiato le carte in tavola: la logica che governa l’ufficio è quella del rapporto client/server. I computer diventano portatili, le stampanti sono multifunzione e vengono condivise da più postazioni contemporaneamente. Le informazioni digitalizzate modificano le relazioni fuori e dentro l’ufficio, e la carta comincia sensibilmente a ridursi.

L’era dello Smart Workplace

Ora cambia tutto, di nuovo. A cominciare dal significato di Workplace. Perché se un tempo potevamo tradurlo letteralmente – Postazione Di Lavoro – ora questa accezione risulta quantomeno riduttiva. Quale postazione, anzitutto? Quella in cui ci sian uno smartphone, una connessione e un efficiente sistema di software aziendali improntati alla collaboration. Che tutto questo ci sia nella stanza di un palazzo o in una caffetteria o sul terrazzo di casa propria, non è importante.

Ecco, quindi, definito lo Smart Workplace: un luogo che esprima al meglio lo smart working.

Cosa cambia con lo smart workplace?

La risposta potrebbe essere facile: cambia tutto. L’affermazione dei software collaborativi, per esempio, ha reso tanto obsoleta quanto controproducente la tradizionale suddivisione del lavoro in compartimenti stagni, costretti a dialogare da procedure rigide. Tutto è molto più fluido, a cominciare dalla presenze sul posto in base a orari definiti. Nulla del genere è più necessario, perché l’ambiente tecnologico consente di essere produttivi ovunque ci si trovi.

Il digital workplace riscrive le coordinate spazio-temporali del lavoro, insomma. E rende più produttivo e più responsabile il dipendente, perché quel che conta è il risultato, e non più le ore passate in ufficio (magari combinando ben poco).

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