Lo abbiamo sentito pronunciare in mille modi diversi: recoveri faund, recoveri fund, recoveri fand… Ma che cos’è esattamente il Recovery Fund? Qual è il suo significato? È diverso dal Recovery Plan o è la stessa cosa?
È dal 26 maggio 2020 che ne sentiamo parlare, da quando la Commissione europea ha deciso di proporre un piano di ripresa per contribuire a riparare i danni socio-economici causati dalla pandemia.
E continuiamo a sentirne parlare anche oggi, dato che l’Italia dovrà presentare all’Europa il Recovery Plan entro il 30 aprile.
Quindi è necessario fare un po’ di chiarezza perché no, il Recovery Fund e il Recovery Plan non sono la stessa cosa.
Recovery Fund e Recovery Plan: le differenze
Troppo spesso abbiamo sentito utilizzare i due termini come fossero sinonimi, ma non lo sono.
Il Recovery Fund (la cui traduzione letterale è fondo di recupero) è il nome ufficioso con cui ormai da mesi si fa riferimento al Next Generation Eu, un programma da 750 miliardi di euro – il cui 70% dovrà essere trasferito tra il 2021 e il 2022, mentre il restante 30% entro la fine del 2023 – finalizzati a:
“riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia di coronavirus per creare un’Europa post COVID-19 più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future”.
Di questi 750 miliardi, 360 saranno distribuiti ai Paesi sotto forma di prestiti da restituire (i cosiddetti loans), mentre 390 sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto (i cosiddetti grants).
Il Recovery Plan (che significa letteralmente piano di recupero), invece, è il nome con cui viene comunemente chiamato il Piano Nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il programma di investimenti che l’Italia dovrà presentare all’Europa per spiegare come spenderà gli oltre 200 miliardi di euro destinati al nostro paese.
Quindi, in sintesi: il Recovery fund indica l’insieme degli aiuti europei messi in campo per far fronte alla crisi, mentre il Recovery plan indica il piano con cui ogni Stato membro spiega all’Ue come intende spendere i soldi che gli spettano.
Cosa prevede e come funziona il Recovery Fund?
Il piano del Recovery Fund o Next Generation Eu si può sintetizzare in tre macro aree di investimenti:
La prima area riguarda, come abbiamo già anticipato, l’aiuto ai 27 Stati membri dell’Europa per risollevarsi dalla crisi economica e sociale iniziata a marzo 2020, erogando sovvenzioni e prestiti mediante l’attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza.
Verranno stanziati poi finanziamenti dedicati all’assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa, tra cui sussidi all’occupazione, regimi di riduzione dell’orario lavorativo, misure a favore dell’occupazione giovanile e liquidità e solvibilità per le PMI.
Infine, ci saranno investimenti per sostenere la transizione verde verso un’economia climaticamente neutra.
La seconda area, invece, è dedicata al rilancio dell’economia a sostegno degli investimenti privati e prevede InvestEu, un programma da utilizzare per investimenti in infrastrutture sostenibili, ricerca e innovazione e digitalizzazione, PMI e imprese a media capitalizzazione, investimenti sociali e competenze in tutta l’UE.
La terza area, infine, è rivolta a trarre insegnamenti da quanto avvenuto: verranno erogati quindi finanziamenti per un nuovo programma per la salute, così da preparare l’Europa ad affrontare le minacce sanitarie del futuro e a rispondere alle emergenze su vasta scala.
Come funziona? Secondo quanto dichiarato da Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, il Recovery Fund è strettamente legato al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27 dell’UE.
Per l’utilizzo di questo Fondo, è stato stabilito che dovrà essere la Commissione a valutare i piani di recupero predisposti dagli Stati membri entro due mesi dalla presentazione. E qui veniamo al Recovery Plan.
Recovery FUNd ITALIA: tutto quello che c’è da sapere SUL RECOVERY PLAN
Siamo agli sgoccioli, visto che il Recovery Plan approvato dal Consiglio dei Ministri, dovrà essere presentato entro e non oltre il 30 aprile, cioè tra pochissimi giorni.
Il Governo Conte prima e il Governo Draghi ora, hanno dovuto spiegare nel dettaglio ogni progetto e quali sono i tempi di spesa e di realizzazione (il cronoprogramma), oltre ai vari passaggi della realizzazione del progetto (le milestone), agli obiettivi da raggiungere (i target) e agli enti che se ne occuperanno – ministeri, aziende pubbliche, enti locali e così via.
Il PNRR redatto fino a ora prevede finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi dal Recovery Fund fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse, e 53,2 miliardi di risorse interne, da impiegare entro il 2026.
Recovery Plan: in quali progetti verranno spesi i soldi?
E qui arriviamo alla domanda che ci stiamo facendo tutti: in quali ambiti verranno spesi tutti questi soldi?
Per ora sappiamo che, in termini percentuali, il 27% (49,2 miliardi di euro) dei fondi saranno dedicati alla digitalizzazione, circa il 40% (68,6 miliardi) agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e oltre il 10% (22,4 miliardi) alla coesione sociale.
All’istruzione e ricerca verranno destinati 31,9 miliardi, alle infrastrutture per una mobilità sostenibile 31,4 miliardi, e alla salute 18,5 miliardi.
Ovviamente i due temi che la Commissione Europea considera fondamentali sono la transizione ecologica e la digitalizzazione.
Sulla transizione ecologica, per ora, molte voci di spesa sono generiche e riguardano per lo più incentivi e promesse di investimento su forme di energia verde come l’idrogeno, oppure sul miglioramento dell’efficienza di edifici pubblici e privati.
Lo stesso vale per la digitalizzazione, dove le promesse di investimento sono relative all’implemento delle reti 5G su tutto il territorio italiano – qui ne parliamo approfonditamente – e a progetti specifici come la creazione di un sistema cloud nazionale.
Altri settori di investimento invece, che rispondono a esigenze già esistenti, rendono più semplice la progettazione di piani specifici in termini di spesa e tempi di realizzazione.
Un esempio sono i miglioramenti e le nuove costruzioni nella rete autostradale e ferroviaria, descritti fin dalle prime bozze in modo estremamente dettagliato, come l’alta velocità Bari-Napoli.
Stessa cosa per il turismo: nelle bozze si trovano elencati molti progetti per la costruzione di piste ciclabili turistiche o progetti di riqualificazione di borghi e centri storici.
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