Hanno tra i 40 e i 55 anni. Una generazione partita con la macchina da scrivere, passata dal Commodore 64 e arrivata allo smartphone.
Come dovrebbe essere per loro una città smart?
UN MATTINA A MILANO, ANNI ’80
Ore 7:15.
Esco di fretta con la cartella sulle spalle, il trolley non esiste ancora. Io e Gilberto, a passo spedito verso la fermata dell’84, superiamo la cabina del telefono a gettoni.
L’autobus squadrato arancione riparte lasciando dietro di sé un sinistro fumo biancastro.
In strada ci sono auto a benzina, qualche primo diesel e alcuni taxi gialli.
Di elettrico ci sono solo le automobiline telecomandate per bimbi.
Bachelite, e pure duplex
La scuola ha la lavagna e i gessi. Di interattivo? Solo i professori.
Wi-fi, bluetooth, G4? Manco per sogno.
I telefoni portatili sono solo per gli yuppie e collegati ad una valigetta pesante.
Tutti gli altri hanno il telefono in bachelite in casa con il duplex: due utenze collegate alla stessa linea. Se sta telefonando l’altra utente, tu non puoi chiamare nessuno.
Tecnologia a tubo catodico
Lo Spectrum ZX o il Commodore Vic20 o 64, ecco i primi computer che entrano nelle case dei ragazzini italiani.
Colleghi la tastiera, il joistick, il caricatore di cassette e il televisore a tubo catodico. E preghi che funzioni.
Il massimo della tecnologia a portata di cittadino.
Raccolta? Indifferenziata
La raccolta non è differenziata, il livello di inquinamento non porta ad alcun intervento, per interfacciarti con la pubblica amministrazione ci sono solo gli sportelli o il telefono.
Tra negozietti e Superette
La spesa dura anche ore, e la si fa con il carrello a due ruote di mamma (imbarazzante).
I supermercati sono rarissimi e spesso lontani da casa. Ma ci sono il droghiere, il lattaio, la salumiera, il macellaio, il panettiere, il fruttivendolo, il calzolaio e il cartolaio.
Uno per uno li visiti tutti e metti insieme la spesa nel tuo carrello tra code e chiacchierate.
Se sei fortunato c’è una Superette nei paraggi.
E al sabato, per le strade, un omino urla al megafono: “E’ arrivato l’arrotino, è arrivato l’ombrellaio, doneeee…”
La generazione dei Paninari e le Smart City
Queste erano le città negli ’80, gli anni della gioventù dei ragazzi nati a cavallo tra i ’60 e i ’70, quelli della generazione dei Paninari.
Il più grane movimento giovanile basato sulla moda, nato in Italia a fine anni ’70, che ha coinvolto oltre 100.000 ragazzini oggi 40-50enni.
Di recente sono tornati, come testimoniato a novembre 2015 anche da radio e giornali (Corriere della Sera, Il Giornale, La gazzetta dello Sport, etc). Oggi sono oltre 1.600, non si ritrovano al muretto o al fast-food, ma tutti i giorni nel gruppo Facebook “Paninari, la Company” e dal vivo 4 volte all’anno.
Ad alcuni di loro ho chiesto come deve essere una città per diventare smart, ecco cosa mi hanno risposto.
Come deve essere secondo un Paninaro una città smart?
I Paninari hanno sempre strizzato l’occhio alla qualità dei prodotti e dei servizi ai quali accedono, senza guardare troppo al prezzo. In questa prospettiva, a me piacerebbe che ci fossero APP (anche a pagamento), che mi permettano di accedere a servizi esclusivi nella mia città.
Connessioni “superveloci”, pagamenti effettuabili toccando lo schermo del cellulare in birreria, alla macchinetta del caffè, ovunque e per qualsiasi servizio pubblico o privato. Sarebbe “Smart” toccare lo schermo del mio smartphone, o di uno smartwatch, e in 5 minuti avere una auto a noleggio o un taxi che ti raggiungono sotto l’ufficio!
Come renderei più intelligente una città?
Partendo dal presupposto che, per migliorare una città, in primis devono cambiare le persone che la vivono e il loro atteggiamento nei confronti della vita nella società.
Il lavoro più grosso sarebbe da fare sui giovani educandoli al rispetto della cosa pubblica e alla partecipazione attiva.
Creerei una rete integrata di mezzi pubblici al servizio di ogni cittadino, con orari e collegamenti accessibili da qualsiasi dispositivo mobile con addebito automatico (mai più l’incubo del biglietto).
Offrirei servizi di car e bike sharing che coprano l’intero territorio.Fornirei la città di abbondanti aree verdi e attrezzature sportive a disposizione gratuita di tutti. Organizzerei l’accesso ai servizi sanitari, postali e burocratici con un unico documento (microchip).
Ritornerei a valorizzare il concetto di piazza come punto d’incontro fisico e fulcro della vita sociale, come accadeva al tempo dei Paninari.
Smart City for Smart People. O viceversa? Sicuramente insieme. La mia idea di Smart City comincia da questa domanda.
Credo che una Smart City debba essere pratica potenziando il car & bike sharing, diminuendo i costi del trasporto pubblico digitalizzando tramite smartphone gli accessi ai mezzi. Le nuove costruzioni, o il ripristino delle vecchie, vorrei avessero il minor impatto ambientale possibile, ecosostenibili con tecnologie alla portata di tutti. Bisogna assolutamente informatizzare gli enti pubblici in modo da essere in grado di gestire tutto online ed ottimizzare il proprio tempo. Migliorare la sicurezza e la vigilanza eliminando molti pericoli derivanti dalla moneta contante, rendendo più semplice ed economico l’uso della moneta elettronica.
Soprattutto sarebbe bello poter crescere e formare della “Smart People”. Gente pronta a rendere i nostri paesi e città migliori grazie al recupero del senso civico (ormai sconosciuto a molti), gente impegnata nella tutela del proprio ambiente ma aiutata dalle nuove tecnologie.
Mi piacerebbe che nella mia città ci fosse più libertà di passeggiare con sicurezza.
Che si possa circolare con più mezzi elettrici, in modo da poter respirare aria pulita.
Che per per ogni esigenza, anche semplice come pagare un biglietto per i mezzi pubblici, ci fosse una App o un QR-CODE.
E poi ci tornassero quei colori che avevamo noi Paninari negli anni ’80, per dare una luce diversa da tutto questo grigiore di oggi.
Una città SMART è connessa, social e al servizio dei cittadini .
Ci aiuta nello svolgimento del lavoro e nella vita.
Una città che non fa differenze tra i cittadini, offrendo a tutti lo stesso livello di servizi.
La Smart City è un idea innovativa che ha l’intento di liberare i cittadini dalle obsolete abitudini che sottraggono tempo da dedicare alle proprie passioni.
Il lavoro, la scuola, le attività economiche e pratiche, saranno tramutate in semplici e “domotici” gesti ed attività che potranno legarsi indissolubilmente, con la libertà di ognuno di noi.
Senza però tralasciare la tradizione come sinonimo di qualità.
Ad esempio la produzione di alimenti sani, abbigliamento realizzato a regola d’arte, istruzione adeguata per le nuove generazioni, etc.
Anche il recupero di valori ormai quasi persi: stare in compagnia, coltivare le relazioni con gli amici e famiglia.
E vivere a contatto con la natura, senza essere continuamente assillati dagli innumerevoli impegni quotidiani.
Intelligente, elegante, brillante, rapida, sveglia, veloce e… alla moda.
Questa è una città smart per me.
La mia città è Milano, la famosa “città da bere” degli anni ’80.
Per diventare smart, dovrebbe essere un po’ come gli slogan di quel periodo: una città che piace, alla gente che piace.
Cosa vuol dire città smart?
Vuol dire città in cui è più facile muoversi e accedere alle strutture senza perdite di tempo in code per biglietti, accessi rapidi, trasporti fruibili con una tessera valida e ricaricabile, parcheggi accessibili e sotterranei.
Insomma dove sia possibile concentrare le nostre risorse di tempo, interessi e relazioni sociali senza le scocciature elencate.
Lo stesso dicasi per servizi di smaltimento rifiuti, fruizione dei beni e servizi di casa in maniera più intelligente e meno stressogena.
Tutto ciò che può liberare free time per me vuol dire avere città smart, poi ognuno lo dedica a ciò che preferisce!