La diffusione del Cloud computing si è ormai attuata e le applicazioni ed i servizi Cloud oggi sono una realtà consolidata all’interno del mercato, ogni giorno, infatti, milioni di utenti usano vari servizi online dal proprio browser o Web App, ma l’innovazione anche in questo campo non si ferma. 

Le Cloud-native application sono quei programmi sviluppati come “software-as-a-service” (Saas), in pratica, si tratta di un modello di distribuzione delle applicazioni in cui un produttore software sviluppa e rende disponibile, dunque gestendo anche il servizio, un’applicazione web che può essere concessa gratuitamente o tramite un servizio di abbonamento. Negli anni si è passati da un approccio tradizionale che si centrava sullo sviluppo delle feature, della stabilità e della scalabilità verticale per le applicazioni native, ad uno più moderno focalizzato sull’adattabilità dell’applicazione alle varie piattaforme e alla fruizione continua e uniforme del servizio online. 

Quindi, le Cloud-native application le possiamo collocare in quella tipologia di software che utilizzano in maniera nativa i servizi e le infrastrutture di Cloud computing offerte dai vari provider. 

Il cloud come approccio metodologico 

Non è per nulla scontato sottolineare che, il concetto di Cloud Native, non indica solo l’opportunità di una applicazione di essere eseguita su un cloud privato o pubblico. Ma parliamo anche di un approccio metodologico, che diventa fondamentale considerata la sempre maggiore connessione delle aziende dal software e dalla esigenza di renderla disponibile ed adattarla velocemente per rispondere in maniera più efficace ai cambiamenti del mercato. Un approccio che si traduce nella pratica in una serie di cambiamenti culturali e best practices che permettono agli sviluppatori di creare, mantenere e scalare applicazioni moderne in modo rapido e sicuro. 

L’approccio verso una metodologia di sviluppo e rilascio di una applicazione Cloud Native è una procedura multidimensionale che va a toccare cultura aziendale, processi, architetture e tecnologia. È una metamorfosi che non deve essere per forza istantanea, soprattutto considerando processi già consolidati che non hanno la possibilità materiale di attuare cambiamenti radicali, ma può e deve essere vista come un graduale cambiamento. 

Fra applicazioni Cloud Native e tecnologie come containers, container orchestrators, microservices, API dichiarative e metodi Agile vi è una stretta relazione, perché sono strumenti funzionali ai mutamenti necessari in infrastrutture, architetture, tecnologie e processi aziendali. 

Questi mutamenti possono essere di seguito così riassunti. 

Processi 

Evolvere verso cultura e pratiche DevOps è il primo passo nel percorso che porta allo sviluppo di applicazioni cloud native. Continuous Integration / Delivery  (CI / CD ) e aderenza a “metodi agili” sono le soluzioni al bisogno di velocità di adattamento al mercato e coincidono con il primo sostanziale cambiamento di cultura e organizzazione aziendale. Lo spostamento del focus da longevità e stabilità di prodotto alla rapidità di release ha la necessità quindi che l’azienda sia strutturata per cicli di rilascio brevi e continui, portando alla predisposizione dello sviluppo di team multidisciplinari e collaborativi. 

Architettura hardware 

L’introduzione di gruppi DevOps multidisciplinari porta direttamente ai microservices. I microservices sono una forma architetturale che affronta lo sviluppo di una singola app come una suite di servizi modulari ed indipendenti, che in un secondo tempo possono essere agevolmente e costantemente sviluppati, mantenuti e scalati, uno per uno, senza pregiudicare la stabilità dell’intera applicazione. I vantaggi di questo modello architetturale sono evidenti e possiamo citare: 

  1. indipendenza dei team di sviluppo; 
  1. isolamento e resilienza dei singoli componenti/servizi; 
  1. scalabilità e automazione del lifecycle (CI/CD). 

Infrastruttura 

La parte più importante in questo cambiamento è rappresentata dall’introduzione dei container e dalla loro gestione. I container, infatti, sono la base ideale di una architettura impostata su microservices, garantendo portabilità tra i vari ambienti ed infrastrutture, assicurando che le applicazioni siano isolate e sicure. In poche parole, sono la giusta risposta al bisogno di scalabilità orizzontale delle applicazioni moderne, fornendo uno strumento che mette a disposizione istanze sacrificabili dello stesso componente che possono essere impiegate o rimosse velocemente in base alla effettiva richiesta in tempo reale. 

Comunicazione 

L’utilizzo di servizi modulari e autocontenuti consente di fare da supporto a tutta la comunicazione fra i vari componenti dell’applicazione su API leggere e indipendenti dal punto di vista tecnologico. Seguendo questa strategia si riduce la complessità dell’installazione e si consente un ulteriore livello di indipendenza degli sviluppatori, che possono scegliere la tecnologia giusta per il lavoro che devono svolgere senza tenere conto della sua integrazione con il resto dell’applicazione. 

Infine, non bisogna dimenticare che le architetture tradizionali raggruppano molti servizi disparati in un unico pacchetto di distribuzione, rendendo di fatto i servizi interdipendenti e riducendone l’agilità nelle fasi di sviluppo e di distribuzione. 

Quindi, le varie operazioni che avvengono all’interno della macchina risultano  opache e spesso non ben documentate. Inoltre, l’ingresso di nuovi programmatori risulta difficoltoso: il codice di un’applicazione complessa risulta difficile da leggere e consegna il “come” l’applicazione funziona, ma non il “perché”. 

Da questa situazione classica emerge chiaramente che l’architettura Cloud-native contribuisce a: 

  • aumentare la flessibilità delle applicazioni, eliminando le dipendenze tra servizi e con l’infrastruttura; 
  • accelerare la capacità di risposta degli sviluppatori, che possono operare sui singoli microservizi senza intervenire sull’intero pacchetto; 
  • ottimizzare l’impiego delle risorse grazie all’automazione, riducendo l’errore umano. 

Ecco perché le aziende dovrebbero intraprendere nel più breve tempo possibile il percorso di migrazione verso i nuovi applicativi Cloud-native, allo scopo di trarre i maggiori benefici dalle moderne infrastrutture ibride, eterogenee e distribuite. 

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