Quello che trovate in questo post è stato l’argomento più seguito in assoluto su Circle, la prima community in Italia dedicata ai rivenditori di IT. E non a caso, perché trattava del tema che più interessa loro (ma non solo): la fatturazione elettronica. Ne abbiamo parlato con Roberto Stefanini, CEO di myfoglio, che ci ha spiegato molte cose. Molte altre, invece, ce le racconta nel secondo incontro che abbiamo avuto con lui sempre su Circle.

Torniamo su un punto che abbiamo affrontato nel nostro primo incontro, ma sul quale sembra esserci ancora un po’ di incertezza: quello di eventuali deroghe alla data di partenza della fatturazione elettronica. Ci saranno?
No, ed è bene ribadirlo. Si parte il 1° gennaio 2019. Ma un dettaglio va aggiunto.

Quale?
Le sanzioni. Sicuramente ci saranno per chi non sarà in regola, ma siccome lo Stato ha previsto che per i primi sei mesi i problemi di transizione dal vecchio a nuovo sistema non mancheranno, saranno sanzioni meno salate di quelle stabilite in partenza. Dopotutto, dubbi ci sono e continueranno a esserci anche dopo il 1° gennaio, ed è per questo che si è fatta strada l’idea di essere meno punitivi. Dovremmo anche aspettarci qualche cambiamento, perché nulla è ancora totalmente certo.

Detto questo, scendiamo un po’ in profondità cercando di capire cosa di concreto accade nella vita di un’impresa dal prossimo 1° gennaio. In sostanza, chi è abituato a gestire fatture in PDF per l’Italia o per l’estero, documenti fiscali o scontrini che finiscono in nota spese, a gestire insomma una massa di documenti cartacei che raccoglie e consegna al commercialista ogni trimestre, cosa deve fare di nuovo e diverso?
Direi di partire dai due elementi principalmente nuovi: il codice destinatario e la PEC.

Bene: di cosa si tratta esattamente?
Si tratta dei due elementi appunto nuovi che vanno dichiarati quando compiliamo una fattura. Ci servono per dire al sistema integrato dell’Agenzia delle Entrate dove recapitare il documento. Quindi nel software dovranno essere inseriti l’uno o l’altra. Ma attenzione: in teoria si potrebbero anche non inserire, qualora siano stati già selezionati sul sistema dell’Agenzia.

Cosa vuol dire, esattamente?
Vuol dire che l’Agenzia li conosce perché sono nel profilo fiscale dell’utente, e quindi l’Agenzia stessa sa dove collocare quei documenti e continuerà quindi a collocarli sempre nello stesso posto. Mi spiego: se io emetto una fattura al cliente, devo conoscerne il codice destinatario o la PEC. Se però non li conosco perché il cliente non me li ha comunicati, posso comunque inviare la fattura.

E questa dove arriva?
Al sistema interscambio, che verifica l’esistenza di quei parametri al suo interno. Se ci sono, allora la recapita; se non ci sono, colloca la fattura a disposizione di quel cliente nel suo cassetto fiscale. Sarà quindi il cliente stesso ad andare a recuperarlo.

Ma il cliente come fa a sapere che lì c’è una fattura?
Il mio consiglio è semplice: quando inviate una fattura elettronica, mandate al destinatario anche una mail per avvertirlo. Non a caso, questa funzionalità è prevista in alcune piattaforme, tra cui la nostra.

Come ottengo un codice destinatario?
In due modi. O accreditandosi direttamente all’Agenzia delle Entrate o attraverso il software se si decide di affidarsi a una soluzione come la nostra. Siamo noi, infatti, che attribuiamo il codice a “chi ci usa”; siamo noi che riceviamo la fattura destinata a chi, appunto, ci usa, la processiamo e la mettiamo nel profilo della Partita IVA cui è associato. Questo sistema di richiesta alternativa – direttamente all’Agenzia o tramite software – è molto utile ai rivenditori per capire la segmentazione del mercato.

In che senso?
In questo senso. Le grandi aziende di solito si accreditano direttamente perché hanno una struttura interna capace di farlo. In quelle piccole e medie, invece, queste strutture di massima mancano e con esse le competenze in grado di interagire con il sistema dell’Agenzia. Sono loro che di solito preferiscono affidarsi a un software gestionale.

Ma cosa succede se faccio, per esempio, acquisti in un negozio e chiedo la fattura? Invece di darmi il pezzo di carta mi chiedono il codice destinatario o la PEC?
Sì, ma non sempre. Ricordiamo che non tutti i titolari di Partita IVA sono tenuti alla fatturazione elettronica, come per esempio chi è in un regime agevolato. Quindi potrebbe esserci comunque il pezzo di carta. Lo manderemo al commercialista, che lo unirà agli altri documenti per noi utili.

fatturazione elettronica

Scendiamo ora sul versante pratico: ci sono dei campi da compilare quando credo una fattura elettronica?
Certo, ma si deve tenere conto di una cosa essenziale. E cioè: l’esperienza deve rimanere la più semplice possibile, e le procedure di prima devono rimanere praticamente le stesse. In sintesi, se prima compilavi il documento e generavi un PDF, adesso compili il documento e generi un XML. Concettualmente non cambia nulla.

Ma allora dov’è la novità?
Nel fatto che prima si utilizzava uno strumento meno vincolante, in cui piccoli errori formali potevano comunque essere tollerati. Parlo, per capirci, di uso delle maiuscole o delle minuscole, o cosa di questo tipo. Ora invece il gestionale che compila il file chiede invece un po’ di formalismo, necessario a definire uno standard di riferimento per i software che parleranno con l’Agenzia delle Entrate. Il software ti assiste nello scrivere correttamente le voci proprio perché è l’XML a richiederlo.

Compilata la fattura, come faccio a farla arrivare al destinatario?
Se ti stai avvalendo del software, basta il clic su “invia”: non dovrai fare altro. Al destinatario arriva grazie al codice e alla PEC. E per assurdo, se il sistema di interscambio accetta la fattura perché scritta correttamente e io non ho codice e PEC, viene comunque inviata se il destinatario ha configurato il proprio cassetto fiscale.

Quindi è comunque meglio recuperare la PEC o il codice del cliente…
Sì, per avere la certezza che arrivi. Ma do un consiglio in più.

Quale?
Se si tratta di un cliente che è nostro interlocutore abituale, magari un’azienda nella quale c’è una persona che conosciamo bene e con cui siamo soliti interagire, mandiamole una mail. Così sarà lei, magari, ad andare in amministrazione a chiedere se quella fattura elettronica è arrivata. Ne approfitto per un ulteriore dettaglio: le aziende molto grandi potrebbero avere centri distinti di gestione amministrativa, ciascuno titolare di una propria PEC. In questo caso torna utile indicare la PEC specifica.

E se l’azienda cui mandiamo la fattura è italiana ma ha il centro di gestione finanziare in un altro Paese? Spesso capita, infatti, di avere ritardi nei pagamenti perché è all’estero che s’è bloccato il flusso.
Non è un caso che ci interessa: è una questione di gestione interna all’azienda, noi non dobbiamo fare nulla.

Dove trovo le mie fatture? Parlo di tutte, quelle che invio e quelle che ricevo.
Arrivano sul canale che avrai scelto: il codice destinatario o la PEC. Questo significa che se c’è un problema nel software che ti impedisce momentaneamente di arrivare alla fattura, potrai sempre andare a prenderla nel tuo profilo fiscale sull’Agenzia delle Entrate. Se invece le ricevi sulla PEC, è meglio che la controlli regolarmente.

Ora cerchiamo di capire come i rivenditori possono essere d’aiuto dando tutte le informazioni del caso ai clienti. E come possono guadagnarci.
Certamente la fatturazione elettronica al momento è una buona opportunità di guadagno, anche perché le informazioni da parte dei commercialisti non sono molte. I rivenditori possono quindi aggiungere valore per fidelizzare il rapporto con il cliente. E in che modo? Anzitutto offrendo il setup: il cliente arriva da un word o da un excel, e non ha dimestichezza con un software. Perché allora non offrigli una o due ore di lezione per l’avvio e la configurazione? E perché non offrire ulteriore seguito, per approfondimenti anche su altre componenti della piattaforma? Naturalmente questo va fatto con buon senso, senza mai sostituirsi al commercialista.

Ottima idea, ma il rivenditore non è esperto di fatturazione elettronica: come fa a sua volta a imparare ciò che deve poi trasmettere al cliente?
Parlo a nome di myfoglio, e dico che da parte nostra c’è tutta la disponibilità a istruirli. I rivenditori sono i nostri evangelisti, e per loro stiamo creando guide e video ad hoc. Tech Data, per esempio, ha ipotizzato una sessione specifica di formazione su questo tema. E ripeto, non parlo solo di come insegnare la fatturazione elettronica ma l’uso di tutto il gestionale, che consente di fare molte altre cose, di digitalizzare il lavoro e di velocizzarlo.

Benissimo. Torniamo a spunti vari di ordine pratico. Per esempio:esiste un elenco pubblico di codici destinatario?
No, non esiste.

E quindi se il 2 gennaio un cliente mi chiede la fattura, e però io di lui non ho nulla – codice, PEC – sono comunque tenuto a emetterla?
Sì, devo emetterla. Mi compete. La compilo, la mando e finisce nel cassetto fiscale. Noi abbiamo fatto il nostro dovere. Di nuovo, consiglio di mandare anche la mail di promemoria al cliente.

Le fatture che emetteremo il 31/12 potranno essere inviate in modo tradizionale nei primi giorni di gennaio?
Sì, perché il sistema entra in vigore dal giorno dopo.

Per quanto riguarda la fatturazione all’estero, dove non c’è obbligo del documento elettronico, come devo comportarmi?
Noi dobbiamo emettere comunque la fattura elettronica. Ma siccome il destinatario all’estero non sa che farsene, deve ricevere un PDF. I software gestionali di solito lo generano, accanto al XML che viene inviato alla registrazione.

E per la numerazione, cambia qualcosa?
No, sceglie l’utente. Può decidere di averle contigue – ma secondo me non ha molto senso – oppure separate: il software le gestisce comunque.

Ma non è che con la fatturazione elettronica i commercialisti perdono il lavoro?
Tutt’altro: hanno anche loro la possibilità di proporre soluzioni per fare marginalità. Ma nei limiti del buon senso.

Cosa intendi dire?
Mi è capitato a un convegno di sentire che sarebbe opportuno che i commercialisti, ai quali è consentito l’accesso alla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate per conto dei loro clienti, configurino il proprio codice destinatario come quello su cui far transitare in uscita o in entrata le fatture del loro cliente. Si dice che così sarebbe più pratico.

E lo è?
No! Permettetemi di dire che sarebbe un casino. Io, come utente, devo poter vedere le mie fatture e poterle controllare in ogni momento. È come se si ribaltasse il rapporto in atto: finora siamo noi che ogni tre mesi portiamo i documenti dal commercialista; così invece diventerebbero loro, ogni tre mesi, a portarmi le mie fatture. Non funzionerebbe.

Comments are closed.