Come sta l’Intelligenza Artificiale? A che punto è la sua diffusione nel mondo? Ammesso che sia possibile misurarne oggettivamente la diffusione. Per cercare di rispondere a questa domanda, ci viene incontro una ricerca commissionata da IBM: From Roadblock to Scale: the Global Sprint Towards AI scaricabile da qui.

I dati riportati nella ricerca parlano di una bassa adozione. Nonostante secondo PwC l’AI sia la più grande opportunità economica con un contributo al Pil mondiale di 16 migliaia di miliardi entro il 2030, la diffusione dell’Intelligenza Artificiale stenta a decollare.

Sempre secondo il report, le motivazioni sono diverse. Mancanza di competenze sufficienti, mancanza di tool, poca “apertura” dei vendor e mancanza di fiducia sono le principali. Ma, sempre secondo IBM, il problema fondamentale è l’assenza di una cultura adeguata sui temi dell’Intelligenza Artificiale.

Nonostante tutto, c’è da essere ottimisti. IBM immagina un’impennata dell’adozione dell’Intelligenza Artificiale nei prossimi 18-24 mesi, raggiungendo l’80% o forse il 90% delle aziende.

Diffusione della Intelligenza Artificiale: 3 aziende su 4 esplorano

La ricerca IBM ha coinvolto più di 4500 aziende in tutto il mondo, di cui più della metà in Europa. A conforto delle previsioni, 3 aziende su 4 interpellate dichiarano che stanno esplorando o implementando soluzioni di Intelligenza Artificiale. Evidentemente, le più pronte risultano le aziende con più di mille dipendenti.

Ma, per superare la barriera culturale alla diffusione della Intelligenza Artificiale, è necessario analizzare in dettaglio le risposte dei manager aziendali. In particolare:

  • Il 37% dei manager mettono al primo posto tra le barriere la mancanza di competenze soprattutto a fronte dell’incremento della complessità dei dati e dei silos (31%) ma anche la mancanza di tool opportuni (26%).
  • Mancano, poi, le esperienze e le referenze adeguate che possono agevolare e incoraggiare le aziende nell’adozione dell’AI.
  • Ancora, chi ha già implementato soluzioni di AI in maniera indipendente se ne avvantaggia rispetto alle aziende che sono state in qualche modo “forzate” da un fornitore It.

Quest’ultima evidenza, che va strettamente a braccetto con la mancanza della giusta cultura aziendale, delega in qualche modo una componente di responsabilità ai partner di canale. Sono i fornitori It, i system integrator, i cloud provider a doversi porre un paio di domande.

Quanto siamo interlocutori competenti e affidabili per un progetto di Intelligenza Artificiale? Abbiamo le certificazioni adeguate? Che approccio consulenziale e di prevendita utilizziamo per introdurre l’argomento presso i clienti? Siamo forse troppo superficiali e sbrigativi? Siamo in grado di presentare delle referenze adeguate?

Le tipologie di progetti AI più in voga in questo momento

Tornando al report di IBM, troviamo altre informazioni utili che ci possono aiutare a inquadrare meglio il problema e ad adeguare la nostra strategia.

Per esempio, la distribuzione della tipologia della soluzione AI adottata nell’ultimo anno. Il 35% dei clienti si è affidato a soluzioni proprietarie, quelle dei vendor principali. Ma il 34% ha optato per applicazioni off the shelf, il 33% per la realizzazione di un modello in casa e il 28% ha integrato componenti AI in applicazioni e processi già esistenti.

Una varietà di scelte che deve far riflettere. Non vi è una chiara direzione verso l’acquisizione tout court di piattaforme complete monovendor. Ma neanche una distinta predisposizione verso il fai-da-te. In entrambi i casi, il supporto di un fornitore It competente è evidentemente necessario.

Di più, il 48% delle implementazioni ha riguardato uno specifico progetto, ma c’è anche il 46% che ha sviluppato l’AI orizzontalmente su tutto il business. Il 40% delle aziende, poi, ha sviluppato un POC ma una percentuale equivalente ha implementato soluzioni preconfezionate, come per esempio un chatbot.

Ambiti di applicazione: sicurezza dei dati in cima alla lista

Tra gli ambiti di applicazione, in testa la Data Security (36%), seguita dall’Automazione di Processo (31%), Virtual Assistant/chatbot (26%), Business Process Optimization (24%) e IoT (24%). Anche in questo caso, la distribuzione è eterogena. Ancora una volta, il fornitore It che conosce il cliente può indirizzarlo verso l’approccio migliore.

Ultima riflessione che arriva dal report IBM riguarda le competenze. Il 41% delle aziende interpellate sostiene che dipendenti non tecnici lavorano con l’Intelligenza Artificiale. Per questo è fondamentale tornare sul concetto della cultura e dell’educazione tecnologica.

Ruolo determinante per il fornitore It che copre l’ultimo miglio è di supportare anche e soprattutto a livello di project management l’introduzione delle tecnologie di Intelligenza Artificiale in azienda. Ciò è possibile solo seguendo passo per passo il progetto e coinvolgendo fin da subito i fruitori nella sua definizione.

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