Il mercato del cloud in Italia è assai dinamico. Se nel 2019 valeva 2,77 miliardi, nell’anno in corso è atteso raggiungere i 5,51 miliardi di euro: in quattro anni, quindi, il valore è previsto raddoppiare. Ma già nel 2022 il mercato cloud ha registrato un incremento del +20%, rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 4,62 miliardi di euro. I dati emergono dall’ultima analisi dell’Osservatorio Cloud – Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, presentata ieri.
Per il cloud, quindi è il tempo della consapevolezza e della evoluzione-rivoluzione, mettono in evidenza gli analisti che hanno realizzato il lavoro di indagine.
Dopo il 2020 caratterizzato dalla pandemia, che di fatto ha innescato l’accelerazione all’adozione del cloud per garantire la propria struttura della necessaria resilienza, seguita poi l’anno successivo da una visione strategica più strutturata, il 2022 ha mostrato un mercato caratterizzato da tensioni geopolitiche e contingenze potenzialmente rilevanti sul servizio della “nuvola” che, leggero in termini ideali, ha un impatto energetico decisamente forte.
Tuttavia, malgrado gli scenari potessero prospettare avversità e una battuta d’arresto dell’espansione del cloud, tutto ciò non è accaduto. Tutt’altro. Così oggi esso è una presenza ormai pervasiva nelle grandi imprese: in media, il 51% delle applicazioni aziendali risiede nel cloud.
I dati sul mercato cloud italiano
Come si caratterizza il mercato cloud italiano? Intanto si nota un’ottima performance del public cloud e dell’hybrid cloud, che ha fatto segnare +24% a fine 2022, andamento ancora migliore rispetto alla stima dallo stesso Osservatorio.
E se, per il 2023, è previsto un consolidamento del mercato cloud, stimando un tasso di crescita del 19%, la componente public & hybrid è quella che è attesa registrare la crescita più sensibile (+24% sul 2022). A evidenziare il ruolo di traino principale in tale componente è il comparto IaaS (Infrastructure as a service), con 1,5 miliardi circa e un peso del 41% sul totale, quota paritetica con i servizi SaaS, “storicamente più diffusi” segnala ancora l’Osservatorio.
Per quanto riguarda il peso del cloud nelle imprese si nota una crescita significativa.
La spesa Cloud nazionale è rappresentata per l’87% dalle grandi imprese e dal restante 13% dalle Piccole e medie imprese. Tuttavia, cresce l’adozione di servizi in Public Cloud anche nelle Pmi (+34%, per un totale di 478 milioni di euro). Proprio loro fanno notare una crescita nell’adozione del cloud: nel 2020 erano il 42% delle imprese campione, si è arrivati al 52% nel 2022 e per quest’anno si attende che il 64% delle Pmi abbia adottato la “nuvola”. La spesa in cloud nelle Pmi – che in Italia, è bene ricordarlo, costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale – aumenta anche grazie agli stimoli per la digitalizzazione.
Potenzialità e limiti
Per quanto riguarda le grandi imprese, il 65% intende lavorare come priorità assoluta sull’ottimizzazione dell’impiego delle risorse e dei costi del cloud nei prossimi 12 mesi.
A questo punto, è logico chiedersi: sta andando tutto bene sul mercato cloud in Italia? Non del tutto. C’è ancora da lavorare soprattutto considerando la necessità di un cambiamento culturale “che tuttora non è arrivato al business”, rileva lo studio degli Osservatori Digital Innovation.
Spesso, infatti è:
“ incapace di mettere a terra il reale valore aggiunto portato dalla nuvola: il 63% delle organizzazioni misura ancora l’apporto del cloud all’azienda in base al risparmio sui costi rispetto a una configurazione on-premises”.
Tuttavia, nel 2023 si è notata “una nuova consapevolezza” promossa dall’incertezza legata al rischio di un aumento dei prezzi dei servizi Cloud e alla difficoltà di prevedere il budget necessario. Mette in luce l’Osservatorio:
“Le imprese si sono rese conto che i modelli di IT Financial Management tradizionali sono inefficaci nel paradigma as-a-service: una Cloud Transformation piena deve passare dalla progettazione strategica dell’adozione della nuvola, agendo non solo sulla roadmap tecnologica ma anche sui modelli di gestione e governance”.
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