Coronavirus smart working, in questo approfondimento la scorsa settimana provavamo a fare ordine per evitare sciacallaggi e fughe in avanti. In sette giorni, purtroppo, la situazione si è ulteriormente complicata.
Alla luce del continuo aumentare di contagi e diffusione in tutta Italia infatti nelle ultime ore il Governo ha varato da una parte la chiusura totale di tutte le scuole fino al 15 marzo e dall’altra reso obbligatorio lo smart working per gli uffici pubblici come da delle misure adottate con il primo decreto Coronavirus, il Dl 9/2020.
Un doppio passo, come detto inevitabile, che per il canale ICT, per i system integrator, i reseller, i distributori ICT come Tech Data accende evidentemente una luce a livello di opportunità di business ma anche un allarme legato alla necessità di accompagnare al meglio i propri clienti verso una fuga in avanti che rischia di essere un boomerang soprattutto a livello di sicurezza.
Coronavirus smart working
Le disposizioni di cui sopra infatti piombano in un mercato, quello italiano, che vanta primati poco invidiabili come la leadership europea nell’uso di cloud non autorizzato, o gratuito, in azienda e ancora un tasso di crescista record di minacce cyber “banali” come il phishing, nell’ultimo anno (dati Clusit), si parla di oltre il 109% di crescita. Un mercato dunque in cui, al di là dei proclami e del marketing il tema della security e della percezione del rischio nell’uso degli strumenti digitali è più che un problema… è un guaio. Le nuove disposizioni ministeriali poi aprono all’uso dio device e strumenti personali per lavorare e promettono incentivi e supporto per chi dovrà lavorare da casa gestendo anche la presenza dei figli. E siamo al vero nocciolo della questione. Perché se da una parte, a livello generale, è corretto parlare di smart working, nel contesto italiano è più preciso discutere di telelavoro e lavoro da casa… che è molto diverso dall’idea di lavorare sempre e comunque in mobilità. Qui trovate, in particolare un report per capire cosa è davvero lo smart working, cosa non è e quali sono gli errori da evitare nella sua implementazione.
In un recente articolo anche un sito come cybersecurity360 pone l’accento poi sul tema della sicurezza domestica e dell’eccesso di leggerezza con cui molti utenti stanno collegando piattaforme aziendali con dispositivi consumer. «L’ondata di smart working forzato a causa del coronavirus deve assolutamente essere l’occasione per rivedere le policy aziendali e, soprattutto, porre l’accento su un problema ancora “in potenza” ma serio come quello della cyber security del lavoro agile, soprattutto quando lo smart worker usa i dispositivi IoT di casa, per esempio».
Coronavirus smart working, accompagnare le imprese
Più corretto, come detto, è dunque parlare di telelavoro e di come gestirlo in ambiente domestico. In questo report trovate, a questo proposito, una analisi molto puntuale di definizioni, vantaggi e rischi.
Se, come normale e come naturale, si vuole cavalcare questa onda anomala del lavoro in remoto dunque oltre alle competenze e alla correttezza di cui abbiamo già parlato qui, oggi è bene partire dalla sicurezza e da un discorso più ampio di gestione delle informazioni. La tentazione, più che naturale, ma rischiosa di andare in maniera reattiva solo sul prodotto rischia di rivelarsi un pericoloso problema sia per i vostri clienti sia per il rapporto che di fiducia che hanno con voi
Risorse
- Qui il decreto del Ministero del Lavoro che regolamenta lo smart working proprio alla luce di quanto sta accadendo in queste ore nel nostro Paese
- Qui anche la guida, fatta da noi, su cosa è davvero il Modern Workplace
- Smart working e smart home secondo Tech Data
- La guida Tech Data Maverick delle soluzioni audio/video per smart meeting e digital signage
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