Una grande mole di dati personali. È questa la base operativa su cui è impostata l’intera struttura dell’Intelligenza Artificiale, ovvero quella tecnologia fondata su algoritmi e sistemi in grado di apprendere e agire come l’intelligenza umana. Ma da dove arrivano questi dati. E soprattutto come vengono gestiti? Sono queste le domande che animano l’aperto dibattito su privacy e Intelligenza Artificiale. Una discussione che ad oggi presenta ancora molti lati oscuri.
Perché la privacy è così importante nell’Intelligenza Artificiale?
Per spiegare l’importanza della privacy nell’Intelligenza Artificiale è necessario accennare alla funzione stessa dell’AI. Questa tecnologia, a cui costantemente e in modo crescente affidiamo sempre più dati personali, non solo apprende e utilizza i dati personali, ma, per definizione e impiego, tende a farli propri e a modificarli nel processo di adattamento all’ambiente circostante. Perché in definitiva è questo il fine ultimo dell’Intelligenza Artificiale: sapersi mutare in base alle condizioni ambientali.
Nella costruzione basica di ogni trattato sulla privacy esistono sostanzialmente tre ruoli: i detentori dei dati (noi), la persona o l’organizzazione che riceve il (nostro) consenso al trattamento dei dati e le terze parti, che in casi particolari e definiti riceveranno e utilizzeranno i dati. Nell’annoso dibattito sulla privacy mai ci si era imbattuti in un terzo elemento computerizzato come l’Intelligenza Artificiale, in grado potenzialmente di avere potere decisionale sull’utilizzo dei dati stessi.
I punti critici: concessione dei dati e controllo degli stessi
Quando decidiamo di condividere i nostri dati sappiamo esattamente quali informazioni intendiamo rendere disponibili. O perlomeno questo succede quando la condivisione viene effettuata verso persone o istituzioni controllate. Con l’Intelligenza Artificiale il discorso privacy si fa ben più complesso. L’AI infatti in molti casi è in grado di estrapolare altre informazioni, dedotte in totale autonomia da quelle da noi rese disponibili, come possono essere abitudini, preferenze, pensieri politici.
Si pensi, a titolo di esempio, al riconoscimento facciale, tecnologia mutuata e sviluppata grazie all’Intelligenza Artificiale. Secondo il garante britannico della privacy (ICO, Information Commissioner’s Office) esiste un elevato rischio di attività dolose a livello di privacy legate alla Facial Recognition Technology. In particolare molti di questi sistemi sono progettati per permettere a terzi di interrogare il modello facciale intercettato. Una volta riconosciuto il volto, l’AI può rapidamente fornire informazioni su nome, abitudini e preferenze.
Per questo motivo l’utilizzo del riconoscimento facciale è oggi uno dei capisaldi del dibattito su privacy e Intelligenza Artificiale. Tanto che l’Unione Europea nel gennaio 2020 ha bloccato l’utilizzo di tale tecnologia nei luoghi pubblici per almeno 5 anni, in modo da avere il tempo di impostare provvedimenti in grado di evitare il sorgere di problemi legati alla privacy.
Privacy e Intelligenza Artificiale: il dibattito continua
Sfruttare a pieno la potenza dell’Intelligenza Artificiale è senz’altro l’obiettivo principale della tecnologia, tradotta soprattutto nel suo utilizzo in ambito industriale e commerciale. Al momento però il completo sviluppo dell’AI deve fare i conti con evidenti problemi legati alla privacy. Si tratta di una discussione in grado di abbracciare e coinvolgere svariati campi d’indagine: etica, filosofia, politica, diritto e diritto digitale. Per questo motivo ad oggi è sempre più necessario sviluppare un quadro normativo armonizzato che sappia garantire sicurezza e il pieno rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Solo in questo modo, riducendo al minimo i rischi collegati all’utilizzo dell’IA sarà possibile sfruttarne al massimo le potenzialità.
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