La startup tecnologica Neuralink, fondata da Elon Musk, mira a sviluppare interfacce cervello-macchina impiantabili, con le prime applicazioni nel 2020.
La storia
L’idea di sviluppare strumenti in grado di creare una comunicazione diretta tra il nostro sistema nervoso e l’esterno senza passare dal nostro corpo non è certo l’ultima novità.
Tale concetto risale infatti quasi a cent’anni fa, più precisamente al 1924, quando Hans Berger scoprì l’esistenza di attività elettrica nel cervello grazie all’elettroencefalogramma (EEG), uno strumento semplice, economico e poco invasivo.
Qualche decina di anni dopo, anche gli USA si rivelarono interessati alla comprensione dei meccanismi di comunicazione del cervello.
L’apice di questa ricerca viene raggiunto nel 1976 quando fu possibile dimostrare che fosse possibile comandare un cursore su uno schermo utilizzando i potenziali evocati visivi, ovvero la risposta elettrica della corteccia visiva in risposta ad uno stimolo visivo.
Da quel momento la ricerca sulle interfacce neurali, alimentata dalle potenzialità cliniche (per pazienti con disabilità motorie) e non (in ambiti ludici e domotici, per esempio), è esplosa, dando risultati che hanno ampiamente superato le attese.
Come funziona neuralink
Un dispositivo BCI (Brain-computer interface), sebbene abbia la possibilità di essere realizzato con strumenti più o meno invasivi, segue una procedura ben precisa volta a registrare l’attività elettrica del cervello.
Il segnale per prima cosa deve essere pulito e amplificato, per poi essere decodificato grazie ad algoritmi volti a classificare le diverse informazioni raccolte.
A questo punto viene convertito in un comando di input per il device che vogliamo controllare, sia esso una protesi, un robot o un muscolo del portatore di BCI.
Al fine di registrare il segnale con la massima precisione possibile, le tecniche preferite sono quelle più invasive, ovvero quelle che richiedono un’operazione chirurgica per impiantare gli elettrodi direttamente a contatto con il tessuto cerebrale.
Con tale tipo di metodiche l’evidente vantaggio dato dalla qualità del segnale vede a contrapporsi l’utilizzo di elettrodi dalla limitata versatilità e durata.
Se fossero costruiti con metalli rigidi o semiconduttori e assemblati in una geometria fissa, genererebbero frequenti reazioni immunitarie potenzialmente pericolose, risultando quindi poco performanti sul lungo periodo.
Per ovviare a tale problema si utilizzano quindi elettrodi in polimero, dotati di maggiore biocompatibilità e performance, ma la cui dimensione e flessibilità rendono praticamente impossibile il loro inserimento attraverso le procedure tradizionali.
I VANTAGGI di neuralink
Elon Musk a tal proposito promette un intervento semplice e veloce come il LASIK, l’operazione laser per la correzione della miopia, rimanendo ben lontano dalle operazioni lunghe e invasive per impiantare i correnti sistemi BCI.
Con il sistema Neuralink basterà infatti un’apertura di meno di 8mm per inserire 3072 elettrodi disposti in 96 fili di polimero più sottili di un capello (4-6 μm).
Grazie al robot sviluppato dall’azienda, in grado di inserire 6 fili al minuto in modo accurato e automatico, evitando vasi sanguigni e riducendo l’infiammazione dei tessuti, la durata dell’intervento si aggira attorno a soli 45 minuti.
Nel video, presentato da Musk, sembra di trovarsi davanti ad una macchina da cucire (quasi fantascientifica) dotata di un ago sottilissimo (10 μm) in grado di impiantare gli elettrodi alla corretta profondità, guidata da quattro telecamere e un modulo ottico che utilizza la luce per localizzare il filo da inserire e la superficie di lavoro.
L’ultima versione del chip implementato dall’azienda (ASIC), accuratamente studiato da un team di sviluppatori per riuscire a gestire un tale numero di dati, è in grado di registrare, ripulire, amplificare e trasmettere in tempo reale i dati di 256 canali.
Vi sono poi due configurazioni principali, una più precisa che gestisce 1536 canali ed una con prestazioni inferiori, in grado di ricevere informazioni da 3072 canali (grazie all’utilizzo in parallelo di 12 chip ASIC). Tutti questi dati vengono poi, in entrambi i casi, trasmessi tramite un’uscita cablata USB-C.
E NON è FINITA QUI
Max Hodak, presidente di Neuralink, non si ferma però qui, il suo obiettivo finale è l’utilizzo di tecnologia wireless grazie al sensore N1 (8×4 mm), in grado di registrare e stimolare 1024 canali EEG e comunicare i dati ad un piccolo device bluetooth posto dietro all’orecchio, similarmente ad un apparecchio acustico.
Quest’ultima componente permetterà quindi la connessione al proprio telefono o tablet, permettendone un uso quotidiano e autonomo da casa, liberando così la BCI dalle mura ospedaliere, rendendola al contempo pratica, sicura e duratura.
Probabilmente, grazie ai sorprendenti risultati, risulta realistica l’ipotesi che entro il 2020 Neuralink possa ottenere il via libera dalla FDA (l’ente governativo statunitense che si occupa di regolamentare i prodotti farmaceutici) per la prima sperimentazione clinica su persone affette da quadriplegia a seguito di una lesione midollare.
Il piano prevede l’impianto di 4 sensori N1 da 1024 canali nella corteccia motoria primaria, nell’area motoria supplementare e nella corteccia premotoria dorsale, aree necessarie per poter programmare, controllare ed eseguire movimenti volontari.
A questi verrà aggiunto anche un feedback ulteriore alla corteccia somatosensoriale, area che ci permette di compiere movimenti ed azioni basandoci sulle sensazioni che riceviamo dai sensi diversi dalla vista (utilizzata, per esempio, per digitare una parola senza dover guardare la tastiera).
il miglioramento di performance cognitive e sensoriali
“Suonerà strano ma l’idea è quella di raggiungere una specie di simbiosi con l’intelligenza artificiale”, ha aggiunto Musk dal palco della California Academy of Sciences.
Non si parla più quindi solo di sollevare milioni di persone dal peso di una disabilità, ma anche , e soprattutto, di bioenhancement, ovvero il miglioramento di performance cognitive e sensoriali grazie alla tecnologia.
L’uomo Sapiens, la cui evoluzione è sempre stata limitata dai fattori biologici, potrebbe infatti rapidamente cedere lo scettro evolutivo ai cosiddetti trans-umani, uomini in grado di unirsi, letteralmente, alla tecnologia per trascendere i propri limiti biologici.
Musk sostiene che presto non vorremmo fare a meno di questo extra-strato di intelligenza come oggi non vogliamo scegliere se fare a meno della nostra corteccia prefrontale (sede principale delle nostre funzioni cognitive superiori) o del nostro sistema limbico (sede primordiale delle nostre emozioni e istinti).
In una società come quella occidentale, sempre più ossessionata da qualità come l’efficienza e la produttività, la possibilità di “hackerare” il proprio cervello e piegarlo ai nostri bisogni è sicuramente attraente e difficile da arginare.
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