Lenovo nelle scuole:
l’esperienza dell’istituto Cardarelli-Massaua di Milano
Se fossimo analogici, parleremmo di tecnologie a servizio dell’istruzione. Ma siamo digitali, e allora diciamo smart school. Anche per una banale questione di semplicità: è ormai quello il modo in cui si indica buona parte di ciò che ogni giorno accade nelle scuole, dove quel che sembrava un futuro immaginifico è ormai un presente che coinvolge ed entusiasma studenti e professori.
Che la smart school sia qui e ora ce lo raccontano moltissime storie, alcune delle quali abbiamo raccontato su Futura da ormai un anno a questa parte. Una di esse – quella che in breve ricordiamo ora – ha due protagonisti: l’istituto omnicomprensivo Cardarelli-Massaua di Milano, e Lenovo.
LAN School entra in aula
Partiamo da Lenovo, e dal suo programma dedicato alle scuole. LAN School fa leva su un oggetto semplice – un tablet -, attraverso il quale l’insegnante è ancora più al centro dell’attenzione degli studenti.
Il dispositivo lo mette in condizione di controllare e interagire con gli altri device, usati dagli studenti:
- vede tutti gli schermi dei pc collegati (può seguirne fino a 100, ma sappiamo che la media di una classe singola si aggira sui 25);
- condivide file, immagini e video;
- crea lezioni interattive;
- svolge test in tempo reale;
- verifica da casa i risultati dei suoi studenti.
In questo ruolo, l’insegnante è sì il centro della didattica. Ma smette di essere un dominus, e diventa di volta in volta un mediatore, un divulgatore, un facilitatore dell’incontro tra i ragazzi e il sapere.
La didattica cambia e abbraccia una nuova metodologia caratterizzata da un obiettivo: preparare gli studenti a usare quelle tecnologie che, in futuro, saranno magari loro stessi a migliorare o a inventare da zero.
Il caso di scuola: l’istituto Cardarelli-Massaua di Milano
Lenovo tiene a sottolineare che al centro del progetto LAN School c’è, appunto, la scuola. Laddove gli istituti abbiano già hardware di altri produttori in dotazione, l’azienda mette a disposizione comunque il proprio software. Ciò ha permesso al progetto di diffondersi in oltre duemila istituti in tutta Italia. Laddove invece l’hardware manchi, la fornitura è completa.
Così è accaduto all’istituto milanese, dove studiano alunni delle scuole primarie e delle secondarie di primo grado (per chi abbia una certa età: elementari e medie). Lenovo ha fornito 25 tablet, che i ragazzi utilizzano a tutto tondo.
«I ragazzi, che erano già abituati a usare i laboratori, sono entusiasti – ha raccontato il preside, Aldo Domina -. Il sogno di tutti è sul loro banco ci siano i libri, che comunque non possono essere sostituiti, e poi un tablet o uno smartphone. In questo sogno, sempre più reale, lo studente usa l’uno o l’altro per raggiungere i propri obiettivi didattici e formativi».
Si parla degli studenti, ma ciò non esclude la necessità che anche i docenti debbano essere in qualche modo istruiti. «Siamo partiti con un processo di osmosi – ha precisato Domina -, di passaggio rapido delle informazioni sui dispositivi, che gradualmente sono diventati un supporto abituale al loro lavoro».
Smart school, alla fine, è anche un gioco
Cioè il modo migliore per imparare
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