Internet of things cos’è, a cosa serve e come si costruisce davvero. Dopo la guida completa al cloud computing, un nuovo appuntamento con i racconti, concreti ed esclusivi, delle piattaforme digitali che stanno rivoluzionando il nostro lavoro e il nostro business. Un tempo ci potevamo connettere a Internet soltanto con il nostro computer fisso, dopo una interminabile serie di trilli del nostro modem. Successivamente, l’accresciuta quantità di banda ha permesso di connettere i nostri smartphone e i vari dispositivi mobili. Oggi, nel 2020, praticamente qualsiasi tipo di dispositivo può essere connesso alla Rete: siamo infatti ormai entrati nell’era dell’Internet of Things (IoT), l’internet delle cose. Quando parliamo di cose, intendiamo davvero qualsiasi cosa: si va da oggetti di uso comune come frigoriferi e lampadine, ai wearable che utilizziamo per tracciare le nostre prestazioni sportive e il nostro stato di salute, agli assistenti domestici che regolano diversi parametri delle nostre abitazioni, ma anche a macchinari produttivi utilizzati nella produzione industriale, oppure alle flotte di auto che consegnano le merci che acquistiamo (sempre via Internet). Da un punto di vista tecnologico, il funzionamento dell’Internet of Things è stato reso possibile dalla discesa dei prezzi e dalla miniaturizzazione della sensoristica, nonché dalla crescente pervasività delle reti wireless.
Il giro d’affari dell’IoT
Questi miglioramenti tecnologici hanno reso l’ambito di applicazione dell’IoT vastissimo e potenzialmente infinito. Basti pensare che, secondo una recente ricerca di IHS Markit, entro il 2030 ben 125 miliardi di dispositivi potrebbero essere collegati alla rete Internet tramite l’IoT. Secondo IDC, la spesa mondiale per l’IoT avrebbe raggiunto i 745 miliardi di dollari nel 2019, con un aumento del 15,4% rispetto ai 646 miliardi spesi nel 2018; un volume destinato ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni. E in Italia? Nel 2018 il mercato Internet of Things (IoT) nazionale ha raggiunto i 5 miliardi di euro, con una crescita del 35% rispetto al 2017, secondo la stima dell’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano.
A cosa serve davvero l’Internet of Things
Ma per quale ragione questi oggetti devono essere connessi? L’idea alla base dell’IoT è che gli oggetti connessi possano diventare degli Smart Objects, ovvero degli oggetti intelligenti: l’intelligenza, in particolare, è legata alla capacità di inviare e scambiare le informazioni possedute, raccolte e/o elaborate. Insomma, il vero valore dell’IoT è legato al dato che, sempre più spesso, è definito come il vero oro nero della nostra epoca. Immaginiamo il classico caso di un termostato intelligente utilizzato nelle moderne smart home: questo dispositivo è in grado di rilevare costantemente la temperatura presente nelle nostre abitazioni e mettere a disposizione questa informazione in una app dedicata. L’utente, a questo punto, è in grado di effettuare o meno una risposta a questo tipo di informazione, ad esempio innalzando di un paio di gradi la temperatura della sua abitazione. Questo tipo di schema (rilevazione del dato/risposta) si ripropone praticamente per tutti gli oggetti IoT, a prescindere dallo specifico settore e dal grado di complessità del dispositivo stesso, rendendo possibile una ottimizzazione del funzionamento dei prodotti/servizi stessi.
Internet of things e il legame con i Big data
L’Internet of things, dunque, sta portando alla creazione di un grande volume di dati digitali, mai visto in passato e destinato continuamente ad aumentare, che deve essere adeguatamente trattato e gestito. Per questo motivo, di pari passo con la crescita dell’Internet of Things, si è assistito allo sviluppo dei software di Analytics e Big Data, che servono a estrarre valore (trovando correlazioni e quant’altro) dai dati grezzi prodotti dai dispositivi IoT. La necessità di immediatezza tipica di alcuni settori – quali ad esempio quello industriale – ha favorito la crescita un altro fenomeno, quello dell’edge computing: invece di spedire i dati raccolti via cloud, rischiando un problema di latenza, l’analisi dei dati più rilevanti può essere effettuata in prossimità del dispositivo stesso, guadagnando in rapidità e flessibilità.
L’industrial Internet Of Things
Un ambito molto importante per l’Internet of Things è senza dubbio quello industriale, tanto che si parla specificatamente di Industrial IoT (Iiot). Le macchine industriali, nel corso della loro continua attività, grazie all’impiego della sensoristica IoT, possono essere continuamente monitorate nei loro parametri di funzionamento (vibrazioni, consumi energetici, ecc). I dati raccolti possono permettere di capire se la macchina stia funzionando al meglio oppure abbia bisogno di un qualche intervento di manutenzione. Grazie all’IoT, così, si riescono a eliminare gli stop improvvisi delle produzioni industriali, che possono costare estremamente cari ai macchinari industriali, con il passaggio a una manutenzione intelligente e predittivo. Che oggi costituisce uno degli ambiti applicativi più esplorati dalle aziende che decidono di investire in Industria 4.0. L’IoT, però, oltre a rendere possibile un migliore funzionamento delle macchine industriali, presenta un altro tipo di vantaggio: gli smart objects impiegati comunemente dagli utenti o delle imprese trasmettono di continuo dati sulle proprie modalità di utilizzo. Che possono essere impiegati dalle industrie per costruire generazioni successive di prodotti più efficienti, performanti e utili per gli utenti. Occorre poi considerare che dietro il funzionamento degli Smart Objects non c’è soltanto l’hardware e la connettività, ma anche un cuore software, vale a dire un sistema operativo che ne determina il funzionamento: questo consente di poter aggiornare costantemente il prodotto stesso via Internet, così da eliminare eventuali difetti e problemi da remoto, senza cioè la necessità di portare i dispositivi in assistenza o mettere in atto costose campagne di richiamo.
Internet of things e La rivoluzione del 5G
Passando a tutt’altro ambito, l’IoT si è dimostrato capace di rivoluzionare un settore “tradizionale” come quello agricolo: la sensoristica IoT applicata a questo settore consente di ottimizzare l’irrigazione e concimazioni dei campi e di osservare costantemente le colture, così da ottimizzare le rese produttive. Ma le applicazioni, come detto, sono innumerevoli si spazia dalla logistica al mondo della sanità, senza dimenticare le smart city. Occorre poi considerare che siamo ormai a un passo da una rivoluzione tecnologica destinata a spingere ulteriormente l’IoT, vale a dire l’introduzione dello standard 5G. Che renderà possibile supportare un numero molto più elevato di dispositivi IoT in spazi molto ridotti, rendendo possibili implementazioni che oggi rimangono soltanto sulla carta.
Cisco: come mettere in sicurezza le reti dell’IoT
Insomma, i benefici dell’Internet of Things appaiono importanti e significativi per numerosi ambiti e settori produttivi. C’è però un’incognita che va affrontata ed è senza dubbio quella della sicurezza: la connessione alla rete di oggetti e dispositivi, vista in altri termini, costituisce una potenziale porta d’ingresso per i malintenzionati, ossia i cybercriminali.
Che, sfruttando bug e vulnerabilità di varia natura, si sono già dimostrati capaci di colpire in maniera pericolosa i dispositivi IoT, anche in ambito industriale. Con 150 milioni di dispositivi IIoT destinati a essere collegati alla rete entro il 2021 , le reti industriali sono diventate un bersaglio prediletto degli hacker. Il primo aspetto da prendere in considerazione quando si implementa un progetto di IoT in ambito business deve essere dunque quello della sicurezza della rete e dei protocolli utilizzati per la trasmissione dei dati. Cosa si può fare? Un’azienda storicamente leader della connettività come Cisco ha messo insieme una serie di regole per garantire la continuità, la resilienza e la sicurezza delle operazioni dell’Industrial IoT.
Il primo passaggio è quello di identificare le risorse industriali, seguendo il vecchio adagio “non puoi proteggere ciò che non riesci a vedere”. Per creare e applicare le politiche di sicurezza, è necessario infatti conoscere tutte le risorse industriali, capire con chi e con cosa stanno comunicando e identificare le vulnerabilità ad alto rischio da correggere. La seconda operazione suggerita da Cisco è quella di segmentare le reti, in modo tale da impedire a un eventuale attacco del cybercrime di propagarsi all’intera infrastruttura industriale.
Il terzo suggerimento alle aziende è quello applicare automaticamente politiche specifiche per il proprio ambiente OT, essere in grado di identificare eventuali intrusioni e controllare le comunicazioni sulla propria rete industriale.
Quarto, ma non per questo meno importante, occorre monitorare costantemente i propri asset industriali, così da bloccare gli attacchi alla rete prima che sia troppo tardi. In questo senso recentemente Cisco ha presentato sul mercato Cisco Cyber Vision, una soluzione che offre alle imprese industriali visibilità su IIoT, incluso l’inventario dinamico delle risorse, il monitoraggio quasi in tempo reale di ambienti operativi e dati di processo e informazioni complete sulle minacce, in modo da poter costruire infrastrutture sicure e applicare politiche di sicurezza per controllare i rischi e ridurli, anche attraverso la segmentazione della rete.
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