Usare l’AI per strutturare e classificare automaticamente i contenuti di un sito migliora notevolmente il posizionamento sui motori di ricerca. Ma soprattutto dà una base solida allo sviluppo di nuove interazioni con la clientela.
Oggi i motori di ricerca sono di fatto il punto di partenza del web. Di rado si va direttamente su siti specifici, quasi sempre si fa una ricerca e si clicca sul primo risultato che ci pare appropriato. Conseguenza: per un’azienda avere un bel sito non basta, le sue pagine devono essere tra i primi risultati delle ricerche che riguardano i suoi prodotti o servizi. Arrivare a questo è l’obiettivo principale della Search Engine Optimization.
La SEO è, quindi, un elemento chiave per il lato digitale delle imprese. È anche una disciplina tecnica in continua evoluzione, che richiede competenze precise e non si risolve con i “trucchetti” che si trovano online. Ed è un processo continuo, non una operazione una tantum.
Per questo le aziende hanno bisogno di strumenti che le accompagnino costantemente in un percorso SEO, mettendole anche in grado di abilitare – come vedremo – nuovi modi di interazione con la clientela. È il campo della automazione SEO e delle software house che se ne occupano, come WordLift.
WordLift: cos’è, a cosa serve e come funziona
WordLift, partner di Tech Data nel progetto Tech Lab, nasce come strumento software, prima che come azienda, nell’ambito del progetto di ricerca UE Intelligent Knowledge Stack, che intendeva avvicinare le tecnologie del web semantico alle software house europee che producono CMS.
In seguito, WordLift entra in contatto con WooRank, che già si occupava di ottimizzazione SEO, e comprende che le tecnologie sviluppate per IKS “avevano un grande potenziale nel mondo della SEO“, come spiega Valentina Izzo, Marketing Content Manager della società.
In estrema sintesi, WordLift usa le tecnologie di intelligenza artificiale per fare automazione SEO. Ossia per automatizzare le operazioni di ottimizzazione di un sito web che ne migliorano le performance rispetto ai motori di ricerca.
Messa così sembra semplice, ma l’automazione SEO rimanda a molti temi tecnici complessi. Che, fortunatamente, per chi si interessa al tema, sono dettagliati nel blog della società: The WordLift Blog. Qui si trovano sia approfondimenti tecnici sia contenuti un po’ più più divulgativi, oltre a una notevole mole di informazioni per chi voglia “costruire” sulla base delle tecnologie WordLift.
Il concetto di dati strutturati
Un motore di ricerca comprende i contenuti di un sito? Sì, ma non nel senso che normalmente diamo al termine “comprendere”: il motore è un’intelligenza artificiale che li analizza e cerca di classificarli secondo una propria “visione” – intesa come tassonomia delle informazioni – del mondo.
Gli strumenti di WordLift operano, come prima cosa, proprio in questo: aggiungono a un sito ciò che serve ai motori di ricerca per classificarne subito e meglio i contenuti.
È il tema dei dati strutturati. Che, come spiega testualmente Google, sono “un formato standardizzato per fornire informazioni su una pagina e classificare quel contenuto sulla pagina; per esempio, su una pagina di ricette, gli ingredienti, il tempo di cottura, la temperatura, le calorie, e così via”.
Quando noi consultiamo una pagina web, identifichiamo immediatamente i contenuti chiave e sappiamo cosa sono perché parliamo la stessa lingua (in senso lato) di chi ha realizzato la pagina: testo, immagini, filmati e altri dati non strutturati hanno per noi un significato immediato.
Per agevolare i motori di ricerca e migliorare le performance di un sito, è opportuno presentare i contenuti del sito anche già direttamente “scomposti” e organizzati secondo il vocabolario che il motore di ricerca stesso usa per interpretare le informazioni. Presentati in questo formato, i dati si dicono strutturati.
come WordLift struttura i dati
WordLift usa l’intelligenza artificiale (AI) e il machine learning per identificare i contenuti destrutturati di una pagina web e “tradurli” in dati strutturati immediatamente classificabili dai motori di ricerca.
Lo fa automaticamente, identificando i contenuti e le entità del nostro sito che è più conveniente presentare come dati strutturati e generando di conseguenza il codice da integrare in quello delle nostre pagine. In questo modo, grazie alle funzioni di intelligenza artificiale di WordLift, chiunque può fare ottimizzazione SEO in maniera semplice.
Ci sono altri modi per aggiungere i dati strutturati alle nostre pagine? Sì, ma sono meno pratici di WordLift. Lo si può fare manualmente, ma bisogna avere competenze di scrittura di codice per il web.
Oppure si può usare qualche altro plugin SEO, che però non ha elementi di AI e quindi lascia a noi il compito di analizzare i nostri contenuti e capire come strutturarli. Di nuovo, servono competenze specifiche e tutto il processo non è automatizzato.
Il Knowledge Graph
Un altro lato essenziale di questo nuovo modo di fare SEO è descrivere ai motori di ricerca le correlazioni che uniscono i contenuti e le informazioni di un sito, fra loro e da/verso l’esterno.
Noi umani siamo bravi a individuare queste correlazioni, facendo leva sulle nostre esperienze e conoscenze. Per un motore di ricerca la cosa non è altrettanto facile, motivo per cui ci fa gioco agevolarlo descrivendo esplicitamente le correlazioni dei nostri contenuti.
Lo si fa attraverso il Knowledge Graph, letteralmente il “grafo della conoscenza”. È una mappa di come sono collegati fra loro quelli che potremmo chiamare gli “atomi” della conoscenza (intesa come insieme di informazioni) che un sito contiene. I concetti di base del suo mondo, strutturati in una mappa di collegamenti che mostra quale concetto rimanda a quale altro e se (e quanto) due concetti sono legati.
Il knowledge graph messo in pratica
Descrivere ai motori di ricerca il Knowledge Graph del nostro sito – WordLift lo fa automaticamente, analizzandone i contenuti con tecniche di NLP e machine learning – serve a diversi scopi.
Innanzitutto, è un ulteriore passo avanti in un percorso strategico di content marketing e SEO: i dati strutturati che il nostro sito presenta sono di più e migliori, i contenuti del sito sono definiti – lato motori di ricerca – senza ambiguità.
In secondo luogo, aver “tradotto” i contenuti del sito in dati strutturati e Knowledge Graph permette di usarli per alimentare non solo i motori di ricerca web ma anche altri servizi percepiti come più innovativi, quali gli assistenti vocali oppure – ne trattiamo più avanti – i chatbot.
WordLift “Aiuta le aziende a costruire il proprio Knowledge Graph – sottolinea Valentina Izzo – quindi esprime il suo massimo valore quando abbiamo un flusso di contenuti costante da organizzare e una struttura di tassonomie per organizzare tali contenuti. Ma anche quando abbiamo un sito di e-commerce oppure operiamo sul territorio oltre che online, come è il caso dei comparti retail o travel“.
Questo perché la strutturazione dei dati avviene in modo ottimizzato in base ai contenuti del sito, ad esempio concentrandosi – come “atomi” della conoscenza – sui prodotti nel caso dell’e-commerce oppure su località ed eventi nel caso del travel.
non solo ricerca
Dimentichiamo per un attimo i motori di ricerca e guardiamo all’automazione SEO come a una attività trasversale di strutturazione e organizzazione continua dei metadati relativi ai contenuti di un sito.
Da questo punto di vista comprendiamo che la SEO è utile a tutte le funzioni o applicazioni che devono comprendere e gestire i contenuti per presentarli a un utente. Tra tali applicazioni ci sono in prima fila i chatbot.
“Il chatbot – spiega Izzo – è un tipo di AI conversazionale. In quanto tale, permette di creare un’esperienza utente personalizzata. Ad esempio, si può rispondere alle domande degli utenti, soddisfacendo le loro richieste e senza il bisogno di coinvolgere il team interno. Gli utenti che trovano risposte concrete e rilevanti alle loro domande sono meno propensi a lasciare il sito. E l’aumento del tempo speso sul sito web da parte degli utenti ha un impatto positivo sulla generale performance del sito“.
Wordlift e i chatbot
WordLift ha messo in pratica la propria tecnologia nel realizzare il chatbot che accompagna gli utenti del suo sito nella consultazione della documentazione tecnica. Questa esperienza diretta ha dimostrato che un chatbot efficace, aiutato dall’intelligenza artificiale e dall’uso di dati strutturati e Knowledge Graph, porta immediatamente benefici.
In particolare, il chatbot “Permette di raccogliere dati preziosi per comprendere meglio il comportamento e le esigenze del consumatore. Questi dati possono essere utilizzati per far crescere la propria attività e guadagnare un vantaggio sulla concorrenza“, spiega Izzo.
Aggiungendo che “Gli assistenti virtuali aiutano i clienti a navigare e a trovare il prodotto o il servizio giusto per le loro esigenze e questo fa crescere le conversioni. Inoltre, essi possono fornire opportunità di up-sell coerenti e convincenti che tengono conto delle preferenze dei consumatori, del tempo e di altri dati per fare la migliore offerta possibile“.
E se i chatbot sono già qualcosa con cui abbiamo spesso a che fare, le tecnologie che WordLift sta sviluppando promettono di mettere in pratica in modo efficace altre potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata alla SEO e in generale alla gestione dei contenuti.
Come, ad esempio, generare automaticamente alcuni tipi di contenuti, consentire una maggiore fruizione dei contenuti stessi attraverso la ricerca semantica, migliorare le raccomandazioni di prodotti correlati o simili in un e-commerce.
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