Oggi, grazie all’open source, il settore pubblico si sta aprendo al mondo che cambia, offrendo al cittadino infrastrutture sempre più snelle e veloci. A seguito della pandemia, infatti, anche la pubblica amministrazione ha virato con forza verso la digitalizzazione. Un passo in avanti importante, soprattutto nel nostro paese, dove innovazione non ha mai fatto rima con pubblica amministrazione.
23 marzo 2021: PA in prima linea per l’innovazione
Il tema è stato approfondito nel corso di un incontro a porte chiuse organizzato da FPA, in collaborazione con SUSE. Riservato ai responsabili ICT delle principali amministrazioni italiane, il meeting ha affrontato la necessità di accelerare l’innovazione attraverso piattaforme open source. Solo così, infatti, la digital transformation portrebbe diventare una scelta strategica (non più “obbligata” in quanto legata ai vincoli contrattuali verso un fornitore).
Piattaforme “zero lock-in” per il settore pubblico
La normativa
Come si legge negli articoli 68 “Analisi comparativa delle soluzioni” e 69 “Riuso delle soluzioni e standard aperti” del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), la pubblica amministrazione è tenuta a scegliere programmi informatici a software libero, in cloud o a codice sorgente aperto. Inoltre, qualora un ente risulti proprietario di soluzioni informatiche realizzate su specifiche indicazioni del committente, la normativa prevede che il codice sorgente venga rilasciato in open source sotto licenza aperta.
Una scelta strategica per la pubblica amministrazione
Questa la normativa. Ma cosa muove la pubblica amministrazione verso soluzioni “zero lock-in”? Innanzitutto, l’open source rappresenta una scelta economica, volta all’ottimizzazione delle risorse. A confermarlo sono i numeri. Ogni anno, infatti, ammontano a circa 1.600 milioni di euro i costi a carico della PA per l’acquisto di piattaforme tecnologiche, la manutenzione dei software e la gestione delle relative licenze.
Ma non è tutto. L’open source permette di creare infrastrutture IT scalabili, robuste ed implementabili, in grado di accelerare l’introduzione di nuovi servizi online. La flessibilità del multi-cloud consente, inoltre, di rispondere alle esigenze dei vari comparti operativi, creando ambienti di lavoro autonomi. Il tutto senza rinunciare a sicurezza, privacy e stabilità, caratteristiche fondamentali per il funzionamento dell’infrastruttura pubblica.
Enel pioniere del full cloud
Ad aprire la strada verso la valorizzazione dell’open cloud è Enel. In full open source da aprile 2019, è la prima Utility nel mondo ad aver tagliato questo traguardo. Una svolta a tutto vantaggio dell’efficienza dei servizi. In Colombia, ad esempio, le richieste di potenziamento ricevute dal servizio di segnalazione guasti vengono soddisfatte in circa due ore. Prima del passaggio all’open cloud, erano necessarie diverse settimane. Per ottenere questi risultati Enel ha scelto:
- SUSE Linux Enterprise Server per l’infrastruttura informatica
- SUSE Manager per la gestione dei servizi, in conformità ai più elevati standard di sicurezza.
Open source: creazione e difesa dei beni comuni
Ecco perché l’open source è oggi una scelta da sostenere e privilegiare, a partire dagli stessi Enti di Governance. Un’opportunità a beneficio della collettività grazie ad una distribuzione delle risorse economiche più razionale ed efficiente. Ma anche un passo avanti verso la creazione e difesa dei beni comuni, a partire da servizi pubblici sempre più accessibili ed efficienti.
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