Un recente sondaggio di Red Hat evidenzia la crescita dell’uso di soluzioni “a codice aperto” nelle aziende, specie in ambito sicurezza e gestione del cloud. Tra le motivazioni, il risparmio non è la più determinante. Quindi, un grande passo avanti per soluzioni sempre più avanzate per una innovazione alla portata di tutti.
L’open source attira sempre più aziende, perché conviene ma anche e soprattutto per tante altre buone ragioni. Il fattore costo non è risultato la motivazione principale per le aziende che scelgono di adottare soluzioni basate su software “aperto”, pur restando indubbiamente un solido incentivo. Un sondaggio sponsorizzato da Red Hat e condotto da Illuminis su 905 professionisti (di aziende suddivise tra Stati Uniti, America Latina, Regno Unito e regione Asia Pacifico) ha evidenziato che per il 33% di essi la principale ragione per cui l’open source è stato scelto è per la maggiore qualità del software. Tra le motivazioni citate seguono i minori costi totali di proprietà (30%), la superiore sicurezza garantita da questi programmi (29%), la predisposizione a funzionare pure nel cloud (28%) e il più rapido accesso alle più recenti innovazioni tecnologiche (27%).
Perché scegliere un software Open Source
I buoni motivi per scegliere l’open source sono, dunque, diversi e vanno ben al di là della possibilità di risparmio, che invece risultava molto più rilevante nello stesso sondaggio realizzato l’anno scorso. La percezione del fenomeno da parte delle aziende, dunque, sta cambiando. A tal proposito, va ricordato che i 950 intervistati sono stati scelti tra coloro che in azienda impiegano Linux anche solo in piccola misura (1% del software totale), tutti però ignari di chi fosse lo sponsor dell’indagine. “In questo modo abbiamo raccolto una visione più onesta e ampia del vero stato dell’open source aziendale”, sottolineano a Red Hat.
Un altro punto di interesse aziendale riguarda il fatto che l’open source abbia ormai conquistato anche aree un tempo tipicamente associate ad applicazioni proprietarie: gli ambiti in cui è più usato sono, attualmente, la sicurezza informatica (per il 52% delle aziende interpellate), gli strumenti di gestione del cloud (51%) e i database (49%).
Più in generale, il fenomeno è in ascesa. Nel sondaggio realizzato l’anno scorso una quota già molto alta di intervistati, 89%, aveva dichiarato che l’open source fosse rilevante per la strategia software della propria azienda, mentre quest’anno la percentuale è salita addirittura al 95 per cento. In questo ambito il sondaggio ha fatto una distinzione: le soluzioni di enterprise open source prevalgono su quelle community-based, cioè create da community di sviluppatori e contributori ma non appartenenti da alcun vendor. Entrambi gli approcci, in ogni caso, sembrano in crescita nei prossimi due anni e lo faranno a discapito del software proprietario. L’83% degli intervistati ha dichiarato che l’enterprise open source sia stato determinante per consentire all’azienda di sfruttare le architetture del cloud.
L’affinità tra open source e mondo aziendale è sempre più forte e duraturo, non soltanto attraverso sondaggi come questo, ma anche attraverso le scelte strategiche dei vendor. Ha fatto scalpore, l’anno scorso, la maxi acquisizione di Red Hat da parte di Ibm, mentre nel giugno del 2018 la piattaforma GitHub è stata inglobata da Microsoft. Non a caso, allo stesso tempo, alcuni colossi del software proprietario, come Google e Adobe, sono ad oggi tra i principali contributori di progetti basati su codice aperto. Secondo i calcoli del sito Statista, il giro d’affari mondiale dei servizi open source aveva raggiunto nel 2019 i 17,4 miliardi di dollari, valore che dovrebbe continuare a salire fino a 21,6 miliardi di dollari quest’anno, per arrivare a sfiorare la quota di 33 miliardi di dollari nel 2022.
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