Parte un progetto innovativo al Policlinico di Bologna:
un robot per aiutare i bambini ricoverati in pediatria

Dopo aver letto questa storia, penserete che il futuro immaginato in Io, robot – sia che abbiate letto i racconti di Isaac Asimov, sia che abbiate visto il film con Will Smith – ha smesso di essere tale, ed è diventato presente. Con qualche effetto collaterale in meno; anzi, con soli risvolti positivi.

Protagonista è infatti un robot umanoide. Si chiama Nao, ma è stato subito ribattezzato Marino e mostra competenze piuttosto specifiche: balla, canta, ascolta e risponde alle domande.
Il suo compito è tra i più nobili che si possano svolgere: aiutare i bambini.

Il progetto del Policlinico di Bologna

Marino sarà operativo al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, nel reparto pediatria, al quale è stato donato dall’imprenditore farmaceutico Marino Golinelli e dalla moglie Paola.

Il robot è il fulcro di un progetto di ricerca che, nell’arco temporale di un anno, coinvolgerà 60 bambini: 20 pazienti oncologici, 20 con patologie croniche non oncologiche e 20 non ammalati.

Anatomia di Marino

Prodotto dalla francese Aldebaran robotics, Marino è alto 60 centimetri e pesa poco più di quattro chili. Il suo corredo tecnologico è composto da telecamere, microfoni, altoparlanti, sensori tattili e un giroscopio per l’equilibrio. Sono questi gli strumenti che gli permettono di agire a tutto tondo: Marino cammina, cade, si rialza, si siede, balla. E risponde alle domande dei bambini, compito che qualifica la sua utilità.

Il robot è programmato per interagire con i pazienti del Policlinico, come supporto ai medici per aiutarli a comprendere le emozioni dei bambini, e in particolare di quelli ricoverati per ragioni gravi (per esempio, le cure oncologiche). Le caratteristiche di Marino sono pensate proprio far sì che i piccoli riescano a riconoscere e accettare sentimenti quali rabbia, tristezza o paura, spesso bloccati dal timore dei piccoli stessi di essere rifiutati dall’adulto in un momento delicato com’è un ricovero in ospedale.

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Uno slancio innovativo

Nell’ambito degli ospedali, robot come Marino hanno avuto sempre uno scopo limitato, quasi ludico: per esempio, ridurre la paura prima di esami invasivi o dolorosi. A Bologna si va oltre, puntando al riconoscimento delle emozioni nei piccoli pazienti oncologici, mettendo poi a confronto i risultati con quelli di altri due gruppi: da un lato bambini malati cronici non oncologici, da un altro coetanei sani.

In ogni seduta, che sarà individuale, Marino esprimerà le principali emozioni, positive e negative, e chiederà al bambino di riconoscerle e di dar loro un nome. In caso di errore, il robot mimerà al bambino l’emozione «errata» per far sì che egli noti le differenze. La seduta sarà registrata e dopo tre mesi il test sarà ripetuto.

E se Marino fosse nel tuo ospedale?

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