Le città cambiano volto con iniziative che sempre più spesso nascono dalla base, dai cittadini, per giungere solo in un secondo momento alle amministrazioni. La maggior parte di queste ha lo scopo di ridefinire il territorio con una riqualificazione degli spazi abbandonati o sottoutilizzati a vantaggio di iniziative sociali, culturali e ricreative.
Tutto ciò è possibile grazie alla larghissima diffusione di internet e della connettività diffusa e al sempre crescente numero di smartphone sul territorio.
Internet sostituisce gli incontri casuali nelle piazze, ma è ancor più aggregante, con incroci mirati tra persone con gli stessi interessi e le stesse aspirazioni.
Anche piccoli gruppi di persone si trovano e lavorano al raggiungimento del proprio obiettivo grazie alla rete e a strumenti open source anche semplici, idonei allo scopo.
In questo senso, la città si evolve e diventa una immensa rete di mini open source, piccoli modelli aperti di condivisione che cresce solo grazie alla connettività.
Le tecniche che nascono da queste commistioni vengono abbracciate e condivise dalle amministrazioni più propense all’innovazione, diventando esempi virtuosi da esportare altrove.
Come la città diventa open source
La città non è paragonabile a un immenso sistema, ma a una rete fitta di piccoli sistemi a se stanti che fanno capo a associazioni, cittadini e, talvolta, alle istituzioni e che devono essere in grado di interagire tra loro.
Aperti a tutti coloro che vogliono collaborare, questi piccoli sistemi crescono e si arricchiscono grazie alla collaborazione dei singoli cittadini, per tornare quindi a essere a disposizione della collettività.
Per poter paragonare questo movimento a qualcosa di più reale e tangibile, basta pensare a ciò che avviene nel campo dell’urbanistica.
Tutti i piccoli cambiamenti che interessano il territorio possono sembrare insignificanti presi singolarmente, ma tutti insieme sono in grado di modificare profondamente il volto della città. Un solo palazzo ristrutturato non ha un grande significato. La ristrutturazione di ogni singolo palazzo di una via cambia l’aspetto del quartiere.
Fare lo stesso in campo informatico, con piccoli interventi open source che tutti insieme rendono la città più vivibile, sostenibile e, in definitiva, più competitiva, è la sfida verso il futuro.
La città open source è l’evoluzione della smart city
La smart city è una città connessa. Grazie all’utilizzo della tecnologia e all’informatizzazione, a istituzioni, aziende e private viene garantita l’interconnessione.
La città open source va un passo oltre, mettendo a disposizione di tutti non solo la connettività, ma i codici del suo funzionamento.
In questo modo cresce e si arricchisce di risorse, grazie alla cittadinanza attiva protagonista del cambiamento.
Dal virtuale al reale: la riconquista dello spazio pubblico
I primi network del territorio hanno facilitato il confronto tra chi vuole essere promotore di una cittadinanza attiva e di un nuovo modo di intendere la democrazia.
Tra le prime esigenze evidenziate resta il desiderio di una riconquista e di una ridefinizione degli spazi cittadini abbandonati.
I cittadini, tramite l’uso di strumenti di connettività quali tablet, smartphone e pc, grazie all’uso di app open source create ad hoc per le varie esigenze, hanno saputo mappare il territorio evidenziandone spazi abbandonati e criticità.
Sempre grazie alle possibilità offerte dall’uso della rete, le proposte di associazioni dedite al sociale, di creativi, di gruppi di persone si sono incontrati con i proprietari degli spazi dismessi per ricreare ambienti nuovi, funzionali, vivi.
Dal virtuale quindi si è riusciti a ricreare nel reale la dinamica sperata di riappropriazione dello spazio inutilizzato.
La rivoluzione urbana in Italia
Sono molti gli esempi virtuosi di città open source in Italia che cercano di trovare soluzioni migliorative per la città.
Sono numerose le app in campo, la maggior parte delle quali open source, aperte alle implementazioni necessarie per il territorio e per la condivisione con altre app.
Dopo il primo step, la mappatura degli spazi, il secondo passaggio è stato l’incontro tra i proprietari degli stessi e i cittadini desiderosi di utilizzarli per progetti, attività commerciali, interventi sociali e di pubblica utilità.
City Hound è una piattaforma che lavora proprio in questa direzione: dall’incontro tra spazi in disuso e idee creative nascono nuovi scenari che arricchiscono la città. Si tratta di una sorta di social network del territorio aperto, in crescita, disponibile.
Si tratta di esperienze nate dal basso, autopropulsive, in grado di crescere fino a farsi riconoscere e approvare dalle istituizioni, diventando quindi buone pratiche cittadine, a beneficio della collettività.
La città così rinata è naturalmente open source, ricreata da un mix coeso di free software capace anche di muoversi per cercare e ottenere finanziamenti necessari alle varie attività.
Non solo: la mole di dati così raccolti è enorme e può essere riutilizzata per studiare, ipotizzare, ricreare gli scenari futuri, sempre in ottica open.
Probabilmente la città open source è alla base del nuovo modello di riorganizzazione urbana. Veloce, dinamico, virtuale eppur immensamente reale, il movimento del tessuto sociale cresce e si sviluppa rigoglioso.
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