Da qualche tempo ormai i chatbot sono i re indiscussi della comunicazione online. Le conversazioni virtuali crescono di giorno in giorno, con utenti, brand e aziende che dialogano in modo completamente virtuale e sempre più umano. I principi che muovono un chatbot sono strettamente legati alle tecnologie NLU (Natural Language Understanding) e permettono, attraverso complessi algoritmi, di avere un confronto sempre coerente e senza ambiguità. Ma chi c’è alla base di questi algoritmi? Chi imposta correttamente l’intera sequenza della conversazione? Questa figura si chiama Conversation Designer ed è oggi una delle figure più apprezzate nel mondo online.
Conversation Designer: chi è e cosa fa
Possiamo definire il Conversation Designer come una sorta di architetto della conversazione virtuale. Questa figura di recente formazione sfrutta la conoscenza dei linguaggi di programmazione e del Machine Learning per creare l’impalcatura attraverso la quale i chatbot riescono a simulare un dialogo umano.
Quando una conversazione, solitamente attivata dall’utente, riesce a raggiungere il risultato richiesto (solitamente risolvere un problema dell’utente stesso) significa che il Conversation Designer ha svolto il suo lavoro in modo ottimale.
Quali sono le skills del Conversation Designer
Come già accennato il Conversation Designer è una figura oggi molto ricercata. Ma per descrivere al meglio la preparazione necessaria per svolgere questo compito non ci si può ridurre alla conoscenza del linguaggio NLU, sarebbe riduttivo. Per creare dei percorsi in chat veramente efficienti la conoscenza informatica (e non) deve essere ben più ampia. In prima battuta è importante avere familiarità con tutte le moderne tecnologie di Intelligenza Artificiale. Da non sottovalutare poi la padronanza di software e piattaforme di marketing automation e una buona dose di conoscenza di attività come l’UX Design e il Copywriting. Solo una competenza a tutto tondo in questi settori può consentire di creare una perfetta architettura di chatbot.
Comprendere a fondo le richieste: come fare?
Per comprendere al meglio le richieste dell’utenza e le esigenze dell’azienda il primo passo è affrontare un’intervista di valutazione con il cliente. In termini tecnici è conosciuta come assessment interview e consiste in un questionario dal quale estrapolare le criticità affrontate dall’assistenza nel tempo, gli obiettivi che si vogliono ottenere con il chatbot e quale sarà il target che in linea di massima si rivolgerà alla conversazione virtuale. È spesso richiesto al cliente anche di preparare una serie di domande e risposte “tipiche” o “frequenti” poste dalla clientela.
Conoscere gli utenti è fondamentale
Gran parte del lavoro del Conversation Designer quindi si palesa ben prima della programmazione vera e propria. Non fa eccezione la seconda fase, quella di comprensione sommaria delle richieste degli utenti. In questo contesto è utile studiare gli atteggiamenti e le richieste dell’utenza che si rivolge al brand per cui si sta progettando il chatbot: quali sono le domande più frequenti, quali sono gli argomenti più affrontati, qual è il tono di voce più utilizzato. Solo una volta definito questo perimetro è possibile iniziare il lavoro di programmazione.
Vi è da ricordare come in questa fase sia determinante l’ascolto. Come in una normale conversazione tra umani anche in quella virtuale la comprensione dei problemi della controparte e l’empatia sono necessarie per un buon esito del processo. Capire il problema velocemente significa offrire una risposta più rapida e più precisa.
Algoritmi NLU: una replicazione continua
In quanti modi un essere umano può effettuare una richiesta? Nemmeno a livello umano è possibile mappare con precisione tutte le modalità utilizzate da una persona, figuriamoci attraverso un algoritmo. Un insieme di richieste possono essere le stesse in termini di contenuto, ma differire a livello di linguaggio, tono, contesto. Parte del lavoro del Conversation Designer consiste anche nell’aggiornare con frequenza gli algoritmi NLU inserendo nuove modalità di richiesta e di interazione, associandole poi ad altre similari. L’ideale è monitorare le richieste in modo costante e procedere rapidamente all’aggiornamento, in modo da rendere il chatbot sempre più preciso ed efficace.
Come risponde il chatbot?
Ad oggi ci sono due modalità preferite per impostare un chatbot efficiente. La prima consiste nel rispondere alle domande dell’utente con risposte molto semplici e multi step. In questo modo via via che procede la conversazione si definisce il perimetro della richiesta del cliente fino all’identificazione inequivocabile del problema da risolvere. La seconda tecnica utilizzata dai Conversation Designer è quella di creare dei flussi preimpostati, solitamente rappresentati con bottoni a scelta multipla e formulati in base alle richieste “più frequenti” dell’utenza. Il cliente, prima ancora di porre la domanda, si inserisce nel flusso che ritiene più in linea con la sua problematica.
Il Conversation Designer è anche Copywriter
Perché sosteniamo che il Conversation Designer debba essere anche un buon Copywriter? Semplice, perché il chatbot parla a nome dell’azienda. Per questo motivo è opportuno scegliere sempre un tone of voice in linea con i crismi comunicativi del cliente. Un istituto di credito difficilmente comunicherà in tono informale, un brand di abbigliamento streetwear con poca probabilità sceglierà un chatbot dalla personalità istituzionale.
Per questi motivi un ottimo Conversation Designer deve essere in grado di districarsi con flessibilità tra programmazione, ascolto e capacità di scrittura.
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