Il social in cui si parla fa molto parlare di sé da qualche settimana a questa parte.
Stiamo parlando di Clubhouse, il nuovo social network in cui non si condividono post scritti, non si condividono foto, ma l’unica cosa che si può fare è parlare e ascoltare.
Lanciata per la prima volta nell’aprile 2020 dalla Alpha Exploration Co, l’app è diventata subito popolare: a dicembre 2020 gli utenti registrati erano 600.000, mentre oggi i download sono più di 2 milioni.
Clubhouse: che cos’è e come funziona
Immaginate una app di messaggistica istantanea come Telegram, in cui nei canali anziché inviare messaggi scritti si possono mandare solo messaggi vocali.
Ecco Clubhouse è così: ci sono delle chat, che in questo caso vengono chiamate “stanze”, in cui i partecipanti parlano live, in tempo reale, e le conversazioni non possono essere registrate.
Si accede solo su invito, per cui chi riesce a ottenere un profilo deve inserire il proprio nome e cognome (niente nickname fragolina85!) e dare accesso alla rubrica telefonica, in quanto gli account corrispondono a un numero telefonico e non a un indirizzo email.
Una volta registrati, si possono scegliere i propri interessi e vedere chi della propria rubrica è già iscritto a Clubhouse, che a sua volta ti propone delle “stanze” di conversazione in base a chi segui.
In un secondo momento, si può anche decidere di collegare il proprio profilo a Twitter o a Instagram e seguire così anche i following di quei social network.
Per ora l’app è disponibile solo su dispositivi iOS – diffidare quindi dall’app presente sul Play Store di Google, perché è quella sbagliata – e ogni utente ha a disposizione due inviti esterni alla propria rubrica.
Se invece una o più persone della propria rubrica vogliono accedere, all’utente già registrato arriva una notifica e può lasciarli entrare senza bisogno di inviti.
Quali sono i rischi e i limiti dell’app?
La sua grande popolarità – ottenuta soprattutto grazie a Elon Musk, che ha creato una “stanza” a cui hanno partecipato più di cinquemila utenti – ha portato in superficie uno dei maggiori limiti dell’app: la privacy.
Come spiega Carola Frediani, Cybersecurity Awareness Manager, nella newsletter Guerre di Rete: “l’app è estremamente insistente nel richiedere l’accesso alla rubrica telefonica, si può negare ma solo con pervicacia e col risultato di non poter invitare nessuno”.
E infatti anche secondo Johannes Caspar, garante per la protezione dei dati di Amburgo, Clubhouse non soddisferebbe i requisiti del Regolamento europeo sulla privacy (GDPR), e non è nemmeno chiaro come vengano usati quei dati.
In Cina – dove l’app è stata utilizzata per aggirare la censura e parlare di temi tabù come le proteste per la democrazia a Hong Kong e la persecuzione degli uiguri – sembra che il social utilizzi un pacchetto di software per le chiamate tramite internet sviluppato dall’azienda cinese Agora.
Il timore è che il governo cinese possa aver chiesto all’azienda di conservare i dati degli utenti per questioni di sicurezza nazionale.
Ma c’è un altro rischio non trascurabile: la moderazione. Chi crea una stanza ne è moderatore e può dare e togliere la parola ad altri partecipanti, ma non c’è alcun modo di evitare che vengano create stanze in cui si diffondono informazioni false o messaggi d’odio.
Certo, nell’app è stata istituita tolleranza zero per le attività di trolling: se qualcuno disturba o diffonde messaggi violenti è possibile segnalarlo anche se si è tra il pubblico, come è accaduto a un un utente di Clubhouse che ha detto frasi antisemite e razziste ed è stato bandito dal social network.
Tuttavia, al momento non è chiaro se i fondatori della piattaforma Paul Davison e Rohan Seth abbiano un piano per moderare maggiormente le conversazioni.
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